In un prato verde
minacciato dalla brutta stagione
In mezzo ai vigneti
che faranno il buon sangue
il mio autunno perenne
si abbassa di un’ottava
al primo sorso di vino
risale al secondo
cambia nota al terzo
e poi scappa via
fino ai confini di Jarret –
mentre la luce ci acceca
con un furore di nebbia
il riverbero entra nel petto
in quello spazio deserto
che lasciano gi arrivederci –
dove le distanze entrano
coi nomi e i cognomi
poi muoiono soli
come numeri immaginari.
Qui – persino le stagioni
per paura di perdersi
entrano in punta di piedi
col profumo del mosto e del dire gentile –
Nel mattino bagnato
È ricordo di sabbia
Il vociare dei fiori.
Sei solo, non lo sa nessuno. Taci e fingi. (Fernando Pessoa)
Non bisognerebbe mai scrivere quando si hanno le idee chiare su cosa dire
Così me la racconto
Per giustificare cose come questa
Inutility venute fuori dalla contingenza
Dopo aver scritto due pessime robe sull’amore
Dopo aver chiuso tre o quattro porte
Lavato i denti due volte ed
Aver ingaggiato una discussione sull’ orgoglio con quel genio del mio ego
E coi soliti muri di casa
E dopo esserne uscito sconfitto
Sotto ogni punto di vista
Anche da quelli dei non vedenti
È solo allora che ti balenano in mente due cose
Chiare e luminose come due fuochi d’artificio.
L’inutilità di tutto questo &
E una frase di Pessoa che leggesti
Quasi venti anni fa seduto sul sedile di un treno interregionale che ormai hanno soppresso
Ma che da allora conosci a menoria
E comunque non hai alcuna voglia di scriverla
O di rileggerla almeno non fino alle prime luci del mattino.
the craving
Siamo fatti così
sono fatto così
faccio molto con poco
alla maratona ho preferito la corsetta
della corsetta ne ho fatto una epopea
mi sono accontentato di vedere la montagna
e me ne sono innamnorato ancora prima di correrla
mi sono chiamato marinaio
perché ho amato tanto Conrad
sono fatto così
faccio molto con poco
una volta con una carezza
ho costruito un amore
che è durato dieci anni
sono fatto così
faccio molto con poco.
Non aspetto i miracoli.
tento
Tenti una poesia
poi un’altra
poi basta
poi un’ iperbole
una imitazione
poi una fuga
una ritirata
poi un attacco
affretti una carica
ti impacci, circoaspetti
guardinghi, ti acquatti, taci, fingi:
Aspetti cose che non ti aspettano:
non vi incontrate mai!
Lasci stare qualcosa per sempre
e nessuno viene a reclamare alcunché
Lontano bisbigliano
che un altro giorno è passato
come un amore
che per eccesso di gentilezza
non ha lasciato il segno
E questa volta sei tu
A non reclamare alcunché
Mancanza & gelosia
Mancanza & gelosia
Sono solo due parole
Da consegnare al droghiere
Dice: mi hai tradita? Mi hai amata?
Dice: mi sei mancato, sono gelosa!
Dove sei? Ti ho sognata anche stanotte.
Ero morto e tu mi baciavi
Dicevi che ero bello anche stecchito
E io ci vedevo distesi
Dall’alto, più vivo che mai
Uno di fianco all’altro
non respiravo ma
in effetti sembravo riposare
Sarà che il tuo amore era più pallido di me
E mi baciavi come si baciano le cose perdute
Come l’ultima volta che ci siamo visti
Quando mi strappasti un bacio
Come si fa con le puttane
Che fanno il mestiere
Solo per amore.
E poi ti dissi che non era niente
Che non era un bacio
Solo un inciampo
Ed io solo un sasso
Da tirare lontano
E fu così che cominciai a danzare
sul pelo dell’acqua
Per non voler affogare
Se soltanto qualcuno mi avesse visto
Mi avrebbero certamente scritturato
E persino Bolle, intimidito,
avrebbe appeso gli scarpini
Al chiodo dell’ irrealtà.
Finché fiato non ci separi
Non senti niente
e la strada scorre come un tappeto
qua e là foglie e ricordi di quadrupedi
qua là pensieri come ricordi
anche il futuro lo penso
come un ricordo
niente mi punge nel petto
non ho cuore né respiro né gambe
sento solo la strada
la gomma delle scarpe
che non sono più scarpe
ma quella cosa che chiamiamo realtà
quella cosa da lasciare sola
il più in fretta possibile:
andare in nessun tempo
come ci pare
finché fiato non ci separi
Cecità
è così che ti trovi a dire
che hai bisogno
di una poesia per tirare fino a sera
dove si dice che tutto è molto bello
ché se pure la salute vacilla
il portafoglio piange e
i gatti neri evitano di passare
dopo che hai attraversato
hai sempre una poesia che ti dice:
tutto è bellissimo. sopporta e lasciati sorprendere
dalle folgorazioni incantevoli dell’esistenza!
e se non lo sai vedere
è solo perché stai diventando cieco
e non è per l’autoerotismo
o il vino al metanolo
o la presbiopia incombente
è che ti sei solo
un poco rotto il cazzo
Sii gentile
non fare della donna un nemico
per nessun motivo al mondo
scopri lei il fianco
lascia cadere le armi
lascia che ti trovi ridicolo
sii coerente. Tanto
tutto questo è ridicolo:
il fatto che non riesca a dormire
che pronunci il suo nome
nel mezzo della tempesta
e che questo ti scaldi nonostante tutto
un poco le mani…
sii consapevole di essere ridicolo
e lascia che ridano di questo e di quello spettacolo
brucia la tua pira fino ai confini estremi dello sguardo
fino a far scoppiettare i pensieri come ginestre
che illuminino i sentieri come lucciole
lascia che vengano i demoni a saziarsi del tuo fegato
lascia sedimentare tristezze e solitudini
e innaffiale con del buon vino ogni tanto
assapora soprattutto il gusto della solitudine
ma sii gentile con te stesso
non ingigantire la cosa non esagerare
ché la cosa è già abbastanza grande
invita a cena una bella ragazza
un martedì sera, magari
e fate l’amore solo se è necessario
soltanto se c’è allegria nell’aria
altrimenti, desisti.
e se devi andare, vai
ma fallo una sola volta
e sii gentile e inesorabile.
Lascia perdere i telefoni.
Ci sono giorni in cui non vuoi scrivere niente
E sono i giorni migliori
Potresti rinunciare a qualsiasi cosa
E comprendi intimamente quale pochezza sia tutta la letteratura e quella solitudine di appartamento che ne deriva.
Cammini e vedi le tue gambe muoversi
E ti chiedi se siano davvero le tue gambe
E poi te ne vengono in mente altre due
Che quelle di sicuro non sono le tue
E pensi che infondo sono soltanto gambe
E ci portano dove vogliamo
Tipo qui adesso.
Sarei potuto essere ovunque
E invece.
Sogno XXX
Stanotte ho sognato di abitare
sul parcheggio di una stazione che non conosco
Eravamo tutti appollaiati sui davanzali
Stava per succedere qualcoa di grosso
Aspettavamo
A casa mia c’era una specie di festival del vino
Ma io, piu tardi, avrei dovuto guidare
Non bevevo, ero giudizioso.
C’era una ragazza con un caschetto nero
E gli occhi neri
Scattava fotografie
Quella era la sua mostra
Nel mentre che qualciluno cucinava Crepes
In continuazione intasando la cucina
Lei mi porta nel salone delle feste
Dove pendevano fili e dai fili pendevano
Ritratti di lei, bellissiminritratti di lei
Allora decido di scattarle una foto
Alla maniera di Pasolini le dico:
(Chissà cosa avrò voluto dire)
Lei compariva sulla carta
inarcata e sospesa di spalle
Come una “C” con una virgola di capelli
Come un funambolo in alto tra i palazzi
Ma senza fune
(Miracoli dei sogni)
Poi ci sfioriamo le labbra
Ti è Piaciuta? Le dico
Tace, mi bacia, sorride, va via.
Nel frattempo da basso salgono i suoni degli spari
Decidiamo di andare
Raccolgo mia madre aggrappata ad una bottiglia di Aglianico Taurasi riserva
E andiamo a casa, un’altra casa.
Mi ritrovo nel mio paese
Avanti ad una ferramenta
Con una macchina senza parabrezza
E vedo lei in bikini
Con i capelli sciolti
Ricoperta di fanghi termali e
La cosa non mi è indifferente
Mia madre è ormai al sicuro
Mi fermo, ci guardiamo
Hai freddo? Le dico
Ci sorridiamo
E decido di ripartire
Verso la valle verso il cimitero
La vedo sorridere nello specchietto
E poi scomparire dietro la curva
Farò il giro, penso,
Maledico il senso unico
E poi dico: i treni che passano soltanto una volta nella vita sono quelli da perdere senza ombra di dubbio.
Sarà là al mio ritorno.
Mi fermerò questa volta.
Dove altro potrei andare?
Di cosa parliamo quando…
Cosa pensi al mattino?
Lei? Lui? Un aeroporto?
Cosa pensi alla notte?
Lei? Lui? Un camino?
La pioggia grigia finalmente
Le siepi serrano i verdi
Baveri alti e spalle indurite
Qualcuno che si dà calore
Col fumo di una sigaretta:
Nelle strade si affollano
le menti delle cose da fare
Gli sbirri in divisa
Voi altri in borghese
E La vita reclama
A Gran voce
lo scalpo del giorno
Mentre cammino
ho il passo del boia
E un libro di poesie
Sul fondo della tasca
Mi cade una frase
Dall’orlo delle labbra
Poi un’altra e
poi una foglia che
Regala il suo volo
A chi non può vedere
Ché così è l’amore:
il contrario esatto
Di una oscura preghiera.