Il vuoto

tutti cercano di riempire il vuoto
che poi è il mistero dell’esistenza
che poi è il mistero della vita
che poi è il mistero della morte
alcuni lo chiamano abisso
taluni lo chiamano paura
a me è sempre parsa una vertigine
col fascino delle belle donne disperate
con cui non si dovrebbe mai fare l’amore
eppure è da là sotto che splendono le cose
come se fossero vere e piene di respiri le voci
e gli occhi non sempre paiono due palle di carne
e qualche volta quando non ci penso
che sia più o meno ubriaco
riesco sempre a stupirmi
riesco quasi a vederci un senso
in tutte queste luci dai nomi di persone
gettate sulla terra da uno sputo
per fare delle cose entro il tempo
soltanto perché le sanno fare.

Chi ci salverà?

la piccola camera
ha le finestre aperte
sul pavimento danzano i fantasmi
delle mille rinunce
un’aria fresca rincasa
dopo aver scherzato con l’albero
che ha scherzato col cielo
che ha scherzato con dio
gioca a nascondino la foglia
col vento
gioca a nascondino l’amore
col tempo
ed io mi chiedo
da troppo tempo:
di chi sarà la voce
che ci salverà tutti?

Piccoli uomini

siamo piccoli uomini
dalle dita di fuoco
acqua ferma dei fossi
letto freddo dei fiumi
stagioni cadute
raccolti in rovina
ho educato il cuore
a vestirsi leggero
quando fuori è tempesta
e stramazzano
sulle pietre i grilli
alla sera
siamo piccoli uomini
dalle dita di fuoco
da cui nascono cose
Nate già morte.
Siamo piccoli uomini…

La mia musica

le ragazze prima dell’esistenza dei telefoni
erano ragazze con più peli
sovrapenso mentre penso alla musica
alla musica che porto dentro
a quella che tutti nascondiamo
e che esce fuori al primo sole
o al calare delle cose, ché
tutto è sempre più facile
con l’aiuto della luce
all’inizio e alla fine;
non è un caso che da secoli
ci scartavetrano l’anima
con albe e tramonti:
chi non cerca consensi, invece
trova la musica del pomeriggio
nel sereno variabile
quando i gatti stanno
due zampe dentro e due fuori
e tutto quello che penso
è sempre pieno di dubbi
non c’è alibi che tiene
alle 12 e 30 di un giorno qualsiasi
una vecchia chitarra elettrica
un palco di legno
ragazze con più peli di adesso
e quel gatto nero
due zampe dentro e due fuori
come il mio cervello
e questa musica da camera
di una Manchester qualsiasi
dei primi anni ottanta.
Questa oggi è la mia musica.

Se

​Se me lo avessero detto

Che tutto era perdere

E rincorrere

Ed essere rincorso;

E che fermarsi era perdere

E riconcorrere, perdersi

E che la sola verità

Dimorava in uno sgambetto

Che fugge ogni volontà.

Se me lo avessero detto

Avrei imparato a saltare meglio

Gli ostacoli e le cavigliere

D’estate

Avrei letto di meno

libri di poesie

E  fondi di caffè

Avrei imparato prima

La gioia della sconfitta

E a perdermi nella foresta

Per non farmi trovare

A diventare un albero

Una pietra scheggiata dal fulmine

O l’acqua putrida della temuta palude.

Epilogo.

C’era la terra

E c’era la luna

C’erano i prati da qualche parte

E c’erano i deserti dall’altra

C’erano le strade

E poi altre strade ancora senza nome

E c’erano dei bicchieri sul tavolo

E dei cani al guinzaglio del giorno

E c’era un il buon odore della pelle

E c’erano scarpe di pelle scura e lucida

E c’erano capelli 

E c’erano occhiali

E c’erano tutte le voci della notte

E c’era il silenzio dell’attesa perpetua

E c’eri tu da qualche parte 

E c’ero io dall’altra

E nel mezzo queste parole 

Come un rumore bianco e sordo

E poi più nulla.

Ho freddo

Ho freddo

Come di influenza

Ma più dentro

Come una solitudine

Ma più a Sud

Dove le cose perdute

portavano con un filo di orgoglio

i nomi dei padri

Declinare inviti non basterà

A scaldarmi le ossa

A fare di me un reduce

O un sopravvissuto

Se il sole è pallido

Come la superluna e

Continua a lanciare

occhiate sinistre

E derive di destra

E se il postino busserà ancora

Al mio campanello

Come fossi il portiere

Di un palazzo in cui 

Arrivano pacchi da Amazon

E bollette scadute

dal profondo dell’inferno.

Ho freddo ma

Ieri sera

Ho visto un aereo

Abbracciare un palazzo

Su cui avevano scritto

“Abbracci Gratis” 

E poi ripartire

Con le ali spiegate.

la mia strada

la mia strada è la mia strada
ed io insisto nel farla passare
tra le tue colline…
Qui si parla di espropri, ragazza
tu manterrai una intoccabile servitù
e fa niente se si tratta di poco più di un fazzoletto
mi bastano pochi metri
per cambiare le cose
e le carte in tavola
diversamente sarò costretto
a passare col buio quando la notte
avrà cancellato la luna e
in memoria dei miei avi briganti
farò saltare i lucchetti
per disegnare quei cerchi nel grano
che tanto destano meraviglia
nella memoria delle brave ragazze di città
figlie di mamma e dei tomi di educatissima letteratura di maniera

Parlo coi muri

ho parlato di poesia
ad un muro ci casa
che era appena rientrato da una festa
a cui né io né le mattonelle
eravamo stati invitati
ed egli ha risposto
prima di crollare sfinito sul letto
che col tempo
ha imparato ad ascoltare
soltanto le cose serie.
Nessuno ha avuto da ridire.

Pisa Book Festival

Camminare per i corridoi pieni di libri
Salutare qualche amico
Mancare una presentazione di altri amici
Farsi iperscontare un paio di libri
Perché non funzionano i pos
Una certa inutilità si respira nell’aria
Quelli della Voland sono sempre gentili
Tutti sono molto gentili
Anche troppo
Menomale che un amico
Ti manda a fanculo
Al secondo pestone
Cazzate, cazzate a profusione
_sai, qui mio marito conosce tutti!
*Che culo signora!
Tutti vogliono vendere
Come fossimo al mercato
Resto perplesso
la quasi assenza di figa
Un accenno di ascella pezzata
Rivendica l’esistenza dell’uomo
Il caffè è una condanna.
Che cazzo ci sono venuto a fare?
Mi chiedo ogni volta.

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