c’è chi fa poesia e si prende tremendamente sul serio
che poi è chi fa sul serio delle poesie tremende
c’è chi non sapendolo regala scampoli di bellezza
e che se glie lo fai notare ha ancora il coraggio di arrossire
e c’è chi come me non ci ha capito davvero un cazzo
sulla storia della poesia, e scrivo cose e vedo gente
e leggo di persone inciampate talmente per caso nella poesia
da dimenticarsi persino di metterci la firma:
a questi la bellezza non li abbandonerà. Mai.
La grazia è una condizione transitoria
e non esistono poeti a tempo pieno
ma solo i poeti, ringraziano, se ne sbattono le palle
girano la ruota, scelgono una vocale a caso
e vanno avanti o indietro e qualche volta,
se hanno fortuna, anche verso l’alto.
A digiuno
Vento forte sulla finestra verde –
Si piegano le foglie sull’universo:
Canne al vento diceva il poeta.
I grandi maestri tacciono
dal buio dei libri
E Nessuno più ormai
si aspetta qualcosa:
Solo il frastuono del vento
E un vociare lontano
– Qualcuno che ride
lontano dal mare –
Ed il mio uccello azzurro che
non arriva a fine mese ma
Continua a scialacquare, dice:
Anche per oggi si canta
si canta a digiuno.
sticazzi
Anche i grandi poeti
hanno scritto pessime poesie.
Ma non sono importanti i poeti
Non contano, poi, le poesie
E che cosa è allora che conta?
Che cosa è allora che canta?
Conta soltanto il momento
Canta soltanto chi fa:
“E sticazzi!” Del tempo.
veneziane
veneziane
non le ragazze
segmenti di luce sul muro
fessure azzurre
contorni verdi
la penombra perenne
protegge dal caldo
non dalla nostalgia
cicale: canzoni d’amore
e di arrivederci
ventilatore pensaci tu
ad agitare le ombre
e la luce spezzata e
fa’ di loro una cosa viva
in questo spazio di morti
La solita storia della poesia
Per scrivere poesie
Bisogna stare tranquilli, mi dice.
Ed io infatti
me ne sto tranquillo
e bevo la mia birra
E penso a non parlare
Tantomeno a scrivere
– Poi bisogna avere la mente sgombra, incalza:
Vero no? Ci vuole pace, campagna, amore…
Annuisco per educazione e non parlo-
Butto giù un sorso con le gambe troppo lunghe
E questo si fa bolla nella gola
Quasi soffoco. Poi spingo la deglutination. Lacrimo gas dal naso. Sospiro. Occhi al cielo
– Il fatto è che pochi capiscono la poesia. Mi dice.
Pausa. Fuoco che sale dal culo e dal petto.
Con la lacrima ancora fresca lo guardo dritto negli occhi e mi pare di sparargli un raggio laser dritto nell’ippocampo.
Raccolgo l’aria necessaria dal profondo del buonsenso: capisce. Vedo che gli si incrina il sorriso. Come certi cocci quando toccano terra troppo velocemente ma non abbastanza da andare in frantumi.
Non me ne frega un cazzo. Abbi pazienza.
Di come si fa poesia.
Che poi la poesia non si fa.
Si vive e si racconta. Oppure chi lo sa…
Parlare di poesia è come parlare di calcio.
Di rigori negati e campionati ingiusti.
Capisci l’inutilità della cosa?
Davvero. Hai voglia di scrivere? Scrivi.
Hai voglia di mangiare? Mangia.
Chi se ne fotte della poesia
Della pessima prosa e delle aspettative.
La vedrò? Non la vedrò? Ci ameremo?
Tornerà la voglia?
Le cose sono più semplici:
Ama -se puoi- e fa’ ciò che vuoi
Diceva Agostino
Altrimenti, comprati un’auto veloce
Cerca di non ammazzarti
E non rompere troppo i coglioni
Con la storia della poesia.
Ogni tanto
Ogni tanto scrivi proprio quello che volevi scrivere
Ed è come un coro festoso il cemento intorno
E non lo sa nessuno
E ti viene da ridere
Come se avessi fatto della vita un buon lavoro
E non ti vergogni di essere un uomo
Che parla coi muri e gli alberi
Che dà del tu all’asfalto
E Che aspetta da anni
Una risposta sincera
dal profondo dell’anima
e dai divieti di sosta.
Dici che è amore?
Ogni tanto una ragazza:
Una donna che pensa di me
Cose che nemmeno io so
Mi prende la mano
Ma io subito rimetto le cose a posto:
Sono il peggio che ti possa capitare
E poi mi dice che ho uno sguardo che fa paura
Quando lo viro cattivo
E mi prende l’altra mano
Ma io so di cosa parlo, le dico:
Che sono stato baciato dalla morte un giorno
E ho una canzone inconsolabile nel cuore
Che mi fa innamorare anche delle cicche smorte nei posacenere
E che a volte cammino sotto falso nome per le strade
Come fossi il nonno di mio nonno
Sputato da qualche miniera della Pensilvania
Sai cosa voglio dire?
E poi lei mi bacia sugli occhi
E sento qualcosa nelle mutande
Come un gatto che fa le fusa al sole
Ma con più tenerezza.
Dici che è amore?
tour operator “Munnezza Travel”
per buttare l’immondizia
zaino in spalla ho incontrato
3000 000 000 di formiche
e queste mi hanno detto:
della grossa crisi del grano
che manco l’America degli anni 20
delle bolle di sapone che minacciano il mercato
e della sanguinaria guerra con le blatte
la gatta nera del vicino
ha miagolato tutto il tempo
Abbasso la cicala recitavano le scritte sui muretti
que viva la cHicala Siempre
recitavano le scritte sulle foglie
il solito gabbiano appollaiato sul lampione
col becco sporco di sangue
in abbiocco post prandiale
qualcuno ha acceso il motore di un’auto
appena son passato col sacchetto dell’organico
ha tremato un poco l’asfalto
e i cipressi più alti delle case
cantavano il buongiorno ai feriti di tutti i risvegli
Con “Munnezza travel tour operator”
viaggi disorganizzati su campi minati
casa bidone — bidone casa
molto più di ciò che avrei sperato di vedere
& prezzi modici & professionalità & interpreti
per ogni intellegibile scherzo del destino.
Polifemo
Ho passato tutta la notte
a scrivere una poesia
che fa cagare e
Che non volevo scrivere
E che forse non ho scritto
E forse l’ho soltanto immaginata
non solo come poesia
Ma proprio come galassia
Spalancata tra me a il giorno
Stamattina dopo aver finto
Una lauta dormita
Col mio inconscio
Avevo i crampi alla pancia e poi
Spalancate le finestre
Il sole mi ha bruciato una cornea e
Adesso sono dieci minuti che penso:
Beati monoculi in terra caecorum
Beati monoculi in terra caecorum
Beati monoculi in terra caecorum…
Casa Nuova
una casa nuova
il cortile e il vicinato
coi vecchi ferrovieri sempre un poco zoppi
ci salutiamo come si faceva una volta
i treni che ogni tanto li senti passare
sembrano dire: hai ancora molto da vivere!
gli aerei più vicini invece fanno solo più rumore
il gatto nero che piscia
sopra ogni maglia caduta
dai fili stendipanni
mi pare una buona metafora della vita
e qualche volta se il vento è giusto
arriva l’odore del mare
non so se mi spiego:
lenzuola stese e odore di mare
una siepe molto verde e un cipresso molto alto
e tu piena di lentiggini ancora da censire
irrompi come un postino gentile che recapita bei libri
ma con più sorrisi e lino sottile e capezzoli allegri
e passi veloci che tagliano per metà il silenzio.
poi ogni tanto un’auto parcheggia sotto la finestra
qualcuno scende e sospira
si scolla la stanchezza di dosso
e il gatto che piscia le maglie
l’accoglie con un miagolio sincero:
anche oggi è svangato.
Il cortile è un vecchio fremito social democratico
il gatto nero è la mia giovinezza
i treni invece, sono sempre treni.
Penombra
la penombra delle case d’estate
ricorda il fresco di certe cappelle
di certi cimiteri di paese
dove senti il fresco della terra
e il ristagno dell’acqua dei fiori
i pensieri si tacciono per un momento
e c’è solo quella voce antica che
ti fa ridere da quando esiste Troisi:
“ricordati che devi morire!”
dice la voce,
e tu sorridi e parlotti da solo
e coi muri e coi morti
“Sì Sì, no, mo me lo segno proprio, c’ho una cosa… Non vi preoccupate!…” ti dici
e quindi sei solo a vagare per la stanza
e come gesto apotropaico
col sorriso spalanchi la finestra
e c’è quel sole che spacca per metà gli sguardi
e ad occhi chiusi come fossi appena nato
cominci a salutare la gente che passa
ché a occhi chiusi siamo sempre tutti più fratelli
e c’è quel pensiero mentre li metti a fuoco
che ti monta una supertenerezza nel petto
questo fatto che anche loro come te
dovranno morire presto o tardi
e menomale che almeno li ho salutati
pensi e poi ti gratti anche per loro
ché sia lunga vita pure ai rompipalle
sì sì pure a te che mi svegli con il tagliaerbe
alla domenica mattina.
Per 1000 anni
Volere è podere
Volere è possedere
Io non volli sempre volli
fortissimamente che non volere
E non ci riuscii
Ché la sete è sempre alta
La carne ancora fresca
Il cuore sempre fine
E le paure mi parlano
di stelle e distanze
Per voce della poesia
Ho dimenticato ormai l’ultima carezza
E da tempo che molto vivo vago per paludi
Disseminate di miei cadaveri passati e futuri
Altri hanno addirittura un’altra faccia –
Ogni tanto mi punzecchio con un piede
Come si fa coi cani troppo sporchi
Come stai fratello? Mi dico
Non c’e male, rispondo
poi torno a morire
Per altri mille anni