la penombra delle case d’estate
ricorda il fresco di certe cappelle
di certi cimiteri di paese
dove senti il fresco della terra
e il ristagno dell’acqua dei fiori
i pensieri si tacciono per un momento
e c’è solo quella voce antica che
ti fa ridere da quando esiste Troisi:
“ricordati che devi morire!”
dice la voce,
e tu sorridi e parlotti da solo
e coi muri e coi morti
“Sì Sì, no, mo me lo segno proprio, c’ho una cosa… Non vi preoccupate!…” ti dici
e quindi sei solo a vagare per la stanza
e come gesto apotropaico
col sorriso spalanchi la finestra
e c’è quel sole che spacca per metà gli sguardi
e ad occhi chiusi come fossi appena nato
cominci a salutare la gente che passa
ché a occhi chiusi siamo sempre tutti più fratelli
e c’è quel pensiero mentre li metti a fuoco
che ti monta una supertenerezza nel petto
questo fatto che anche loro come te
dovranno morire presto o tardi
e menomale che almeno li ho salutati
pensi e poi ti gratti anche per loro
ché sia lunga vita pure ai rompipalle
sì sì pure a te che mi svegli con il tagliaerbe
alla domenica mattina.
Per 1000 anni
Volere è podere
Volere è possedere
Io non volli sempre volli
fortissimamente che non volere
E non ci riuscii
Ché la sete è sempre alta
La carne ancora fresca
Il cuore sempre fine
E le paure mi parlano
di stelle e distanze
Per voce della poesia
Ho dimenticato ormai l’ultima carezza
E da tempo che molto vivo vago per paludi
Disseminate di miei cadaveri passati e futuri
Altri hanno addirittura un’altra faccia –
Ogni tanto mi punzecchio con un piede
Come si fa coi cani troppo sporchi
Come stai fratello? Mi dico
Non c’e male, rispondo
poi torno a morire
Per altri mille anni