Alla stazione di Napoli
ne ho combinate tante
già a sedici anni
col mio fidato amico AngiolinA
sfoggiavamo lui capello lungo e unto
da unguento miracoloso contro la caduta
a base di uova e maionese
ed io il pizzetto verde
seduti per terra
avanti all’entrata con uno stereo a batterie
che suonava Walk dei Pantera
Ci passavo spesso di notte,
ai tempi dell’università napoletana
di ritorno da Gianturco
dall’ Officina 99
dopo aver fatto lo zig zag
tra puttane che scopavano
sui cartoni sotto ai ponti
e le siringhe usate
ammucchiate di fianco ai marciapiedi
Più tardi nel 2001
scrissi una poesia di abbandono
su di una pagina bianca
di un libro di Pessoa
e la segnai con la stagnola di un bacio
quel giorno nevicava
un giorno perfetto per andarsene
E poi, ultimamente,
avanti alle scale della metropolitana
dove sei? Recita un messaggio
-Qui, rispondo e invio una foto
dei tabelloni luminosi
nello stesso istante in cui
una mano mi afferra
per il braccio
e una voce sottile mi dice:
a chi la stai inviando?
Mi volto, e due occhi verdi
un tantino emozionati
a te, in effetti!
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