FL. 25 Aprile. (Citazione colta e strappata, via. Per sempre. Forse)

Ebbe il suo floruit fra qualche anno
Quando gridavano di gioia i gradini
Ad ogni passo di ascensione.
A quei tempi l’ascensione era a pagamento:
Dice: 5 cents per i residenti e
Offerta libera per i candidati al regno dei lievi.
Gli alberi strizzavano le foglie
Insomma, I numeri battevano gli addenti dal freddo
Si attendava una nuova micro graciazione
Quel venticinque aprile di oggi
Dove si era molto liberi di dimenticare
ciò che si era finto di sapere .
Il nostro rivoluzionario di passaggio alla Taibo, Era Tana (liberatutti di cognome). Regina del nascondino.
Poi ne perderemo le tracce e i temi
Mesti e vuoti, avranno quel sapore didascalico che hanno le qualcose
Quando te le hanno poco raccontate
Lontane dal vissuto.
Ebbe il suo floruit, diceva, anche nel presente. L’escrementi migliori della mia degenerazione…
Prima, dietro allo striscione, il buonuomo urlava: pace:libertà:amore!
Nella piazza piovve sparuta gente
Un signore tentava di scampare la morte
Pallido sui gradini della chiesa
Attenzionato dalle guardie. E questo è accaduto davvero nel mio tempo di poche ore fa. Mentre l’ascensione non passava dal megafono. Dal mio desajuno borghese.
Dai gradini spenti della chiesa.
Tutto ebbe il suo floruit in un futuro ipodedico. Anonimo e assurdo come.
Come le cose che avvengono e basta
Fuori dall’inutile gioco delle previsioni.
Buon venticinque aprile. E che Tana vegli sulle nostre vesti.

Hamburgher, Frasche e Sterlizie.(il dente batte dove il fianco duole)

La sera in cui Giada irrompe in una nuvola di sterlizie –
è sera. è fresco. sopra i tetti graffia un vapore di niente.
a sinistra si scorge il rooftop dell’ospedale.
oltre. in lontananza. decollano e atterrano aerei.
Giada non è del tutto un nome di fantasia. con tutto ciò che ne consegue.
i piccioni e i rondoni si mescolano nell’azzurro
e fanno un verso di armistizio. tubellano. frappano verticali.
come una dimenticanza naturale. nel vicolo
scivola un ragazzo. impatta contro uno scooter parcheggiato e
bestemmia ancora prima di toccare terra.
Giada risponde qualcosa al telefono dall’altra dimensione.
qualcosa che soltanto lui ascolta. qualcosa di crudo come la selce dopo un temporale.
la sera è scesa come un tritacarne. E io non sono certamente qui scrivere
o a desiderare. ma. il dente batte dove il fianco duole. e
ho voglia di hamburgher.di frasche accese. e di sterlizie.

SUPERMARKET

Venticinque anni fa in questo posto c’era un cinema.
Fu anche cinema porno, ma questo prima che io arrivassi a Napoli.
Ricordo di esserci stato almeno una decina di volte a vedere chissà cosa e con chissà chi.
Adesso che mi aggiro tra gli scaffali per comprare carta igienica, dopo 25 anni circa… Col groppo in gola rincorro il fantasma di ciò che sono stato una vita fa. Adesso che molti cinema sono diventati supermercati, e che i capelli si sono diradati e imbiancati e le rughe disegnano sul viso l’estuario del Po. A 45 anni, l’unica cosa invariata da allora è questa cosa dello scrivere – cose-su-cose-dentro-le-cose.

la paura di

“l’angolo retto pianifica
la fuga di prospettive”
mentre cammini sul crinale
a questo pensi
osservando il bastoncino
che impatta nel fogliame come
conseguenza dello sguardo o viceversa.
è un continuo non capirsi
con il circostante- sìsìhocapito.
tranne il movimento genuflesso
del bastone – per metà alla pendenza
e per metà al cielo.
ritmi qualcosa che fai senza sapere. cammini e
intacchi per sempre la solitudine dell’orchidea
stride l’occhio di sole acceso. sudi.
salti goffamente sopra una vipera
e tutto diventa carpiato e reale –
anche se non hai la minima idea di cosa voglia significare
ma la paura della morte ipotetica
risveglia il torpore dell’intelletto
come un bacio. una risata. una carezza.
nella perdita dell’innocenza perpetua
una certa libertà mi prende con terrore
come l’improvvisa bellezza
tanto da distogliere lo sguardo
dall’imbarazzo terreno che mi porto – sepolto.

45 ANI STONATI. DI ISPALO FRASCHETTA

Una volta non lessi un libro di un autore immaginato: tale Ispalo Fraschetta.
Egli scrisse, pare, spannometricamente il seguito:
La città faticava a scorrermi nelle vene
I traffici delle auto in sosta
Si inceppavano nelle diramazioni
E il gorgo cresceva agli incroci
Della vita e si portava via tutto
Come in un film chiamato Blob.
La strada però leniva le ferite
Con i suoi angolini di freschezza
Adesso un giardino nascosto
Ora una colonna incastonata nel muro
Come un ricordo di una gloria
nell’altro dei ciechi.
Eppure la gente. Eppure la famigliarità
Perduta sui gradini della scalinatella.
Gli stralci di esistenza negli occhi della ragazza in fila al pronto soccorso
Valgono più di questo tempo.
Certamente. Ora la coincidenza
Di abitare un immobile settecentico
difronte al prontosoccorso.
Ora il fatto di giungere nei sogni
In punta di fioretto. Chissà che vuol dire
La questione del compleanno.
45 assurdi, che vuol dire dissonanti. Stonati.
Come le risposte a questo e ad altri interrogativi che mastichi ogni giorno, a cui non sai già la risposta da molti anni. Quasi 45. Comunque Auguri di vero culo, amico.
Qualsiasi cosa essa voglia significata.

Cose. Distanze. Okuto Ken.

Una mela, una banana, un bicchiere vuoto.
La tazzina del caffè tiepida.
6 sedie bianche – la porta finestra socchiusa
La ringhiera sul verone del non paterno ostello, in ghisa del 700 ha il suo morbillo di ruggine. Anch’essa. Una tajine sulla libreria
Per reggere dei libri. Gli occhiali da sole
Sul tavolo accanto alla frutta (La voce fuori campo:Giuditta!) (Ridi!) Due sedute più a destra. Tavolo. Bianco. Ikea.
Un muro paglierino scarico, a destra, la tua di te che scrivi e che leggi, dove un tempo era agganciata la TV: 7 buchi da stuccare. Come colpi di pistola, ti piace immaginare la scena:
* Giggino Sparante(aka the Mani Gold) – Adesso hai rotto il cazzo! Ti scarico il caricatore sul perimetro della tua faccia da culo!
Subito pensi alle stelle, ai buchi neri, alla relatività. A quel vuoto che porti dietro da prima che nascessi. Siamo fatti della stessa sostanza della distanza. La cosa ti ha fatto sorridere. Hai visto gli atomi, gli elettroni orbitare intorno ad un nucleo lontanissimo eppure obbedire alle forze che credi almeno in parte di conoscere bene, Sparire e poi ritornare.
Così, come gli amori, fanno dei salti ancora inspiegabili e poi riappaiono come per magia con le rate di un mutuo, la retta dei figli che non hai mai conosciuto, carezze inesplose, dubbi, alberi, perplessità, amenità e altre cose che che fanno rima traspartà.
Quei sette buchi nel muro, come le sette stelle dei carri, di qualcosa già visto ma soprattutto di Okuto. You know what I mean. Ken. (cantato) Mai mai scorderaiiih, l’attimohh…

It’s Something.

I’m not ok at all
I think. Sitting on the water
Sun kil moon whisper about
The postal Service. And it is ok for now!
Where are you goin’ Little brainshit?
Nothing is live. Only the pain is.
So I keep writing something happy
Like the curves of your ass
But it’s live. Like I was sixteen
Its Just immagination…
It’s just immagination. Like the pain is.
Just immagination.
Sittin’ on the wc
From planet Hollyblood
Throught the radio
The three corps problem
Also Is something easy
Like Lagrange said
to your little fish.
Keep smiling now, hun
The light is breaking glasses
And the day is done
Away from the Drake.
I’s just immagination
Like the pain is.
…Better now?

Arietta di un altro pianeta: e non parlo di meteorismo

“sei bella come una ballata dei Pavement”

-dove avrà letto questa frase? – pensa.

mentre alla finestra sta cadendo il deserto dal cielo

e la sera spinge come il tasso di interesse del mutuo

acceso come la sera d’agosto per acquistare

l’ennesimo litro benzina?

( nessuno se la beve)

l’opera à computer!

:Alexa, accendi la cervella!

Ecco che Gelsomini dalle pareti scorticano

i battiscopa: le prime luci

si intravedono dietro i tetti

bagnati. disegnano un tramonto e marito

senza mettere il dito! il fatto ha dell’incredibile!

Ma cosa mai vorrà dire:

sei bella come una ballata dei Pavement? Pensa.

dove l’avrà sentita? se la stanza è pregna di

Pollini, nel senso della musica e nemmeno uno starnuto:

Beethoven: Piano Sonata in C minor, op. 111

(Arietta) Sembra di stare su un altro pianeta!

e non parlo di meteorismo! Eccìtera Eccìtera

Il migliore ha la rogna

Banalità. Banalità
Tutto questo
Tutto qua.
Fin quando la vita ci piega
Fin quando la morte ci sfiora
Banalitààà Banalitahh
Il benessere è l’utopia
Non l’anarchia
Tu che hai più del necessario
Quando sei stato davvero contento?
(Specchio spocchia delle mie braghe,
chi è più dritto del letame?)
Certo che il migliore ha la rogna.
Dice la voce fuori campo seduta.
Per che cosa? Tormentata dal diktat globale
Ogni notte rimugina la mente:
Da cosa fugge il pensiero?
Cosa immorrala la scrittura?
Tolto il bene mercificato amore
Da forma di progresso modello P2.
Su cosa davvero vuoi avere prelazione?
Sul mattino. Sul sonno beato degli assenti
Sul percorrere le strade fraterne e sorerne
Sulla birra fresca d’estate e l’acqua calda in inverno. A pisciare da soli ci si annacqua la vista. Abdica! diceva l’amico, e sii il re di te stesso.
: Individuo fatti capanna.
Salva l’allegria dagli angoli polverosi del tempo
E cazza la randa della miseria
Finché accrocchio funziona
Finché cervello sragiona.

Da dove mi hai uscito.

Natura morta coi vivi
Parcheggiati in piazza
Sotto la pioggia
Un vecchio alcolista
Un anziano con principio di demenza
E quindi io (per quello che posso significare).
La pioggia non dice:
La promessa della felicità.
Poi resta solo Michele
Poi il cappotto nuovo spigato
Si bagna dopo qualche passo
Fuori dall’auto la musica finisce
Sirianni ha scritto un bel singolo. Penso.
Ieri un’ ambulanza ha raccolto da terra
Il padre di un vecchio amico proprio
Qui dove sono parcheggiato.
Mi rintano. Riparte la musica
Il cappotto bagna il sedile di pelle
Scivolano anche i pensieri
sotto ai tappeti bagnati.
Scarto una caramella a menta
Pensando a Pessoa
E a una certa meNtafisica. Mi osservano:
La cima di un pino: la vecchia fontana
Il palazzo dove nacque mia madre
Il primo negozio di mia nonna
E al principio fu il verbo –
Intransitivo: da dove mi hai uscito?
Polvere di cose fatte gassosa e merda
E flautolenze a menta e solitudine radicata
Come una vite i cui frutti
Corrodono il cielo
Con un arrivederci. E poi piove
Come quella carezza sul collo
Così come desideravi.
È solo promessa
La felicità.

disturbo dell’attenzione


Tr3 gatti sul comò
parlano di qalquilie
poi mi viene in mente
di fare teatro:
prendo cazzuola vulgaris
mi erigo sul cassero
alludo sporcizie ma non fumo la pipa-
bestemmio un languore
tre blocchi di afrore
ogni maltedì del mese di sfarzo:
costruisco al mio meglio un
drappeggio di labbra (pessimo dramma d’amore).
Sipario: si’ pària induista cheparéja sul vulcano,
miserie dispari d’altrovvio! poi
ritornano i gatti con un vigile urbano:
devi fare attenzione o ti multano in pochi
per pochezze di molti. Cosa stavi dicendo?
interferre la vita: Attenzione! Attenzione!
…disturbato è il Signore.

La Fibra Ottima


fibra ottica is coming to Town.
penso che gli installatori
siano arrivati troppo tardi-
da qui stiamo per andare tutti quanti via
da tre o quattro generazioni.
nel 47 nacque Victor Cavallo. leggo.
colui che scendeva con una maglietta gialla
lungo una scalinata
della Garbatella e vomitava poesia
da ogni spiffero di ciglia. Nel 47
nasceva anche mio padre. E poi fu anagrafato nel 48
ma questa è un’altra storia di secoli passati penso
mentre scendo con un cappotto aperto
bavero alzato
le scalinate della mia vecchia casa,
con una certa epica sotto le scarpe
che rugge di anni bruciati a guardare il sole rinnovarsi
a botte di elio e idrogeno nel tentativo di campare 4.5
miliardi di anni per poter vederlo diventare volgare carbonio e poi
schernirlo: eh eh, te l’avevo detto io!
Qualche giorno fa sull’autobus
ho incontrato un ragazzo di 60 anni
che ormai vive a Berlino. negli anni 90 si bucava.
in tanti si bucavano in quegli anni. penso. mentre
vedo ragazzi con piumini North Face
infilare fibre di vetro
in vecchie guaine telefoniche:
è il progresso Baby. quello che arriva sempre quando non ne hai più bisogno –
come accade a Sud. quando il sole spacca a metà il tempo
e gli occhi accigliati. incartapecoriti dai treni passati
senza nemmeno essere riusciti a vederli.
la fibra ottima adesso è arrivata tra le case
come un serpente a tre teste. li vedo bussare alle porte deserte
ormai da qualche anno. penso…
mentre scendo le scalinate della mia vecchia casa
con un cappotto sbottonato e il sole mi scalda il petto. mentre
penso al Core (nucleo), rido,
con indice di rifrazione maggiore del mantello.
rido. Siamo noi la fibra ottima e la luce
inutili, come un tostapane per chi non ha più denti.
adesso le stronzate raggiungeranno il nulla cosmico
molto più rapidamente. ottimo. tutto molto belllo!

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