quella che chiamo solitudine
non è che una increspatura
del pavimento
a pensarci bene
anche con lei
potrei dialogare
tanto che se comincio un discorso,
e non è detto che non l’abbia mai fatto,
essa comincia rispondermi
per voce di mille donne o
per voce di una sola donna
lei, che da sempre mi parla
e con cui ogni giorno discorro
quando dico di sentirmi solo.
lei domanda il perché
di ogni santa cosa
a cui non so dare nome
e cerco risposte ai quesiti più oscuri.
una volta ho provato persino a dimostrare un teorema
al telefono, per strada, tra me e me.
Ci sarebbe da diventare matti
se non mi facesse ridere da matti
la solitudine è un abisso senza carezze ipotetiche
è una cosa pericolosa da maneggiare
richiede lucidità, metodo, tecnica
e non è così diffusa come si pensa
però è vero che come per il freddo
ne esiste una oggettiva
e una percepita
quest’ultima forse conta più della prima
poiché non dipende da altri
la percezione è ricca di inciampi
e si potrebbe anche morire con una caduta
è cosa nota, evidente, cristallina.
bisogna stare attenti, molto attenti
a giocare con le parole.
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