Il momento in cui
ti accorgi che la maggior parte
delle cose migliori che hai fatto
in realtà gratificano tutti tranne chi vorresti avuloche…
e che così facendo hai universalizzato la singolarità
trasformandola in bellezza o perlomeno in gradevolezza
così come è giusto che sia e
realizzi anche guardandoti allo specchio dell’ascensore
che hai perso il nome
il cognome e i desideri
in quell’ammasso di cose
Superstringate
con dieci più una, presunte dimensioni
che chiamiamo vita
e una certa allegria pervade le altre cose
che ti fa accelerare il passo e alzare il bavero
del romantico cappotto da marinaio
e stringere le spalle, sorridere, mani nelle tasche
e accendere il futuro, come una sigaretta.
e sorridere alla cassiera stanca del supermercato
e giustificare gli occhi lucidi al cenno del sul viso
dicendo che è psioriasi
quel gonfiore sulla palpebra
tranquillo, che brillano lo stesso,
mi dice,
io tranquillo non ci so stare
rispondo sorridendo
e capire che tra gente ci si capisce
se si parla senza aver paura
e che un saluto cordiale
guardandosi negli occhi
alle volte, vale molto più di un bacio
scolpito in certi blocchi di montagna
quando la mano trema
e la pietra è scivolosa
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