Sono giorni che salto
dal Pc al Tablet
dal Kobo al Libro
dal libro al Pc e così via…
e non parlo con anima viva
che non sia al telefono
questo distacco dall’umanità
mi rende più vulnerabile
allora mi aggiro con il carrello della spesa
per le corsie del supermercato
incrocio lo sguardo di una ragazza
ammicchiamo a turno
solo per certificare la vita
nessun vero interesse
sorrido agli anziani
e loro spesso mi cedono il passo
accetto e ringrazio
con un cenno del capo
sono giorni che salto
dalla Russia all’Honduras
tra i capitoli di Paasilinna
e mi è ritornato alla mente
quel giorno, a sedici anni,
quando sul traghetto per Ischia
abbracciato alla ragazza del tempo
leggevo “Rivoluzionario di Passaggio”
Di P.I. Taibo II…
faccio un salto di venti anni buoni
abbozzo un sorriso
poi ritorno all’asfalto
al bancone del bar
alle risate tra amici
e penso alla mia ombra che si aggira
saltellando per il passato
tra le pagine dei libri letti
dei romanzi incompiuti
dei fogli dimenticati
nei vecchi quaderni ingialliti
e provo una certa nostalgia di padre
per quello che ero
appena un attimo fa
prima di ordinare da bere
di pronunciare il mio nome
all’amico di amico
dell’amica di amica
e sono costantemente in allerta
come se potesse accadere qualcosa
alle ombre che ho seminato nel tempo
ché non so più se è passato, futuro o presente
Qualcosa midice che dovrei cominciare
a drogarmi sul serio
o a smettere altro
a cui non so dare un nome.
In comunione di bene.
La poesia non è
un insieme di sillabe
infilate a creare bellezza
Ma un insieme di suoni
Un campanellond’allarme
Ad annunciarne l’avvento
E anche quando sembrano significare
Lo fanno attraverso undici veli
la verità è sempre ventosa
E le parole troppo leggere
Per figgere punti
Su di un foglio di carta.
Ciò che raggiungi oggi
È perduto domani.
Non si conquista mai nulla
Se non lo stupore,
E l’ essere i soli
Col peso del mondo
Non essendolo affato.
È essere Soli,
in comunione di bene.
RESISTENZA (Sei bella come la cassa integrazione.)
RESISTENZA
(Sei bella come la cassa integrazione.)
Sei bella come la cassa integrazione
quando sai che stai per perdere il lavoro
ma comunque ti daranno ancora qualche spicciolo
per tirare avanti fino al prossimo Natale.
così ti ho pensata
l’ultima volta che ci siamo visti
su quella panchina di marmo gelida
mentre accarezzavo i capelli di tua sorella
prima ancora di scrivere quella bella poesia
che parla dei fuochi e dell’Estate…
c’è stato un momento in cui
ti avrei baciata per l’ultima volta
comunque senza alcun peso sul cuore
e tu avresti lanciato i tuoi spiccioli
la tua mano aperta che
è un latifondo di sentimento strappato
ai coloni, a quelli come me,
che fanno il lavoro sporco del cielo.
ancora una volta
il tuo broncio,
quel tuo sorriso da taglio del personale
con tanto di fossette
che uno non ci crederebbe…
gambe un poco storte
accenni di rughe e cose da fare
di indefinita bellezza…
ti ho scritto una lettera
di poche parole, ferma e raffinata
con la penna stilografica ché
infondo ho un cuore zapatista:
Si notifica alla S.V.
L’interruzione a tempo indeterminato
di qualsiasi rapporto di lavoro
sino a data da destinarsi.
Ora e sempre:
Resistenza.
Dalla collana onirica inedita – Sogni e bi-sogni realmente accaduti . Ho abitato a Roma.
Dalla collana onirica inedita – Sogni e bi-sogni .
Ho abitato a Roma.
Stanotte ho sognato di abitare a Roma…
Una Roma fronte mare, in un palazzo molto antico, forse augusteo. (megalomanie)
il palazzo era composto da circa dieci piani, cinque sopra il livello della strada e altri cinque sotto.
Al piano più basso, appoggiata sulla parete più esposta alle intemperie, a terra, fronte foresta, fronte mare, c’era lamia stanza.
Allo stesso livello del mio umidiccio pianerottolo, vi era l’entrata di una grotta ben illuminata che però non mi ha destato perticolari attenzioni…
(lascio al lettore l’esplorazione… ndr.)
La mia camera era invasa dal guano e da nidi di rondini, le quali, allertate dalla mia presenza, dovevano essere fuggite in posti più tranquilli, più decorosi e anche meno decadenti.
Forse per scongiurare l’ altrimenti inevitabile artrosi alare, flagello dei rondoni più anzianotti.
In mezzo alla stanza, coperta da carta da parati sbiadita e acquerellata, spadroneggiava sul circondario, una macchina fotografica antica. Una di quelle con tanto di tendina e camera oscura.
Mi sono sempre piaciute, conservano intatto il mistero dell’ infilare il viso sotto una gonna svolazzante.
Ho visto la Luce!
Mi verrebbe da urlare ogni volta.
Nel mezzo del sogno, ho fatto una riflessione che ricordo nitidamente:
“ La fotografia, se pure parziale, monca di una dimensione, è l’unica verità che incontriamo perché è al di fuori dal tempo pur essendone l’essenza. Afferma l’esistenza per negazione. In negativo. “
“capisci quello che voglio dire?” ho borbottato ad un assistente con il mio stesso volto.
Abbiamo annuito entrambi con poca convinzione…
Dalla fessura nella porta fronte foresta, fronte mare, entrava una brezza sapida e legnosa, così come odorano certi vini cresciuti in riva al mare… Nel frattempo
una luce fredda, umida e pesante si faceva largo nella densità della stanza.
Il lampadario spennacchiato, lasciava intendere un passato di cristalli gloriosi, mentre, lungo la parete ovest, quella fronte mare, la più umida, da un lato, stretto in un angolo, un vecchio giradischi, ormai marcio, faceva da contrafforte ad una pila orizzontale di vinili con le copertine ormai illeggibili. Dall’altro lato, nell’ angolo destro, una pila verticale di libri ridotti ad una poltiglia sfilacciata di cellulosa ed inchiostro pareva una antico tronco di colonna.
Nel mezzo, una porta di legno mal rattoppata.
Ho avuto la lucida sensazione di essere capitato in una stanza della mia mente.
Le cose si deterioravano naturalmente, e più si avvicinavano alla fine, più crescevano in bellezza, all’infinito, senza mai finire.
In ogni caso, deluso dalla scarsa abitabilità della mia camera, mi sono infilato su per le scale del palazzo col fine di dirne quattro alla proprietaria. Nel mentre devo aver citato Dante, “ com’ è duro calle…”, ( lo faccio spesso durante risalite difficoltose), perché il mio assistente, quello col mio stesso viso, mi ha mandato perentoriamente a fanculo…
E così, con questa tenera auto-offesa mi sono svegliato ridacchiando. E’ il 2016, 20 Febbraio, realizzo di non avere alcun assistente, né di abitare fronte foresta, fronte mare. O forse sì?
Bah! Buongiorno! Nemmeno un’anima pia a portarmi un caffè. Che decadenza! Che volgarità!
Costruire
Costruire
so costruire rapporti
aeroporti
pozzanghere
piene di orologi scassati
so costruire ponti
con avanzi di sguardi
con briciole di attenzioni
ho costruito città intere
poi diventate invisibili
ogni qual volta ho provato
a percorrerne le strade;
a cosa servo?
Vieni, ti faccio vedere,
mi dicesti una volta… Ma io
me lo chiedo quasi ogni giorno
– a niente, a niente, stai sereno
mi ripete una voce…
così continuo a costruire cose
alzo il telefono
prendo appuntamenti
parlo con delle persone
di cose che poi dimentico
denotando forse uno scarso interesse
guardo milioni di film di cui non ricordo titoli
attori, e perfino le trame
dopo qualche tempo
mi sono oscure
che manco la caverna di Batman
così mi nutro di parole scritte
in maniera vorace e inconscia
ricordo dettagli, particolari,
sensazioni immaginate e
quasi mai i fatti,
dimentico o ignorio le cronologie
e in un certo senso ne rifiuto la linearità
eppure costruisco cose
con gli scampoli rimasti
di una vita poco sorprendente
la noia è il mio limite
quello che mi annoia
è un deserto di esistenza
ma solo raramente mi consuma
con le sue tempeste sottili
dei pomeriggi inutili e marciscenti
privi di consolazioni o speranze
o buone parole
e pure costruisco cose
perché lo so fare, invento
una realtà che è sotto gli occhi di tutti
eppure mi sembra nuova e benedetta
seppure mi dici che stasera
mangerai merluzzo
di quello surgelato
non trovate che sia meraviglioso?
Non dico al primo impatto, certo
ma a ripensarci, dico
non è meraviglioso?
non lo è?
Pomeriggio
pomeriggio
marmellata di abbiocchi
il caffè fa quello che fa
io quello che posso
il divano, un randagio
il gatto, un miraggio
sorseggio alla finestra
un acconto di sera
con la promessa della notte
un leasing di domani
una cosa è certa:
segna; pagherò!
Ho sognato Pasolini
Ho sognato Pasolini
e gli ho detto che:
Pascoli vale almeno tre Pasolini
e che Leopardi almeno tre Pascoli
e che nonostante tutto
mi riservavo un altro giudizio
più lucido nei prossimi dieci anni.
mi ha risposto che è colpa della televisione
mentre mi versava un’ombra di vino
e che dovevo leggere in un’altra chiave i suoi scritti
ma che comunque rispettava il mio giudizio
ché Leopardi e Pascoli sono ottime compagnie
Non gli ho detto che non ho una TV da quindici anni
E nemmeno di prendersi un po’meno sul serio
Né che prima di lui avevo sognato una ragazza
dall’ apparenza un po’ leggera
ma con una voce ferma e profonda
con gli occhi verde petrolio
e che il dorso della sua mano
valeva almeno trecento Leopardi.
E tu? Mi ha chiesto con quella vocina sottile,
tu quanto vali?
Pier Paolo, ho risposto, non farmi ridere
Io valgo il tuo valore e di Pascoli
e di Leopardi e di una cacca di cane
io non ho alcun valore
sono ancora vivo, non ne ho bisogno…
Tu sei uno stronzo, Michè, tu sei uno stronzo!
Mi ha detto, ridendo,
versandomi un’altra ombra di vino.
Non esistono menzogne
Non esistono menzogne in letteratura
tantomeno in poesia
Si può fingere di fingere
se si ha il cuore troppo tenero
oppure essere diretti e crudi
a patto che si abbia il talento della verità
per quanto mi riguarda
la cosa migliore che ho fatto
è starmene zitto quando ho avuto
cose meravigliose da dire
tenere per me la parte migliore è
giocare a scala senza scoprire le carte
Imparare a perdere
è l’unico affetto che mi riservo
è così che vanno realmente le cose
Capita che il cielo sia
di un azzurro mare d’Agosto
nel principiare di Febbraio
ed è difficile non scriverne
se è la prima cosa che salta agli occhi
dal letto del mattino
e si potrebbe scrivere
dei fiori delle aiuole
nati prematuri nel tepore del mattino
e morti stecchiti nel freddo della notte
ed è così che vanno realmente le cose
Una donna col sorriso spezzato dalla disoccupazione
dai figli lontani e dalla dignità lesa
dalle notti in bianco che manco in buon Fedor
ed è così che vanno realmente le cose
se cammini per strada
e non te ne frega un cazzo dei fiori
e dei cieli azzurri
e delle aurore boreali
vorrei scolpire un monumento alle rughe
alle mani di madre
alla pelle ispessita
ai capelli arruffati…
è così che vanno realmente le cose
giorni fa quella donna
incontrata al banco salumi
ha usato con me parole d’amore
come fossi suo figlio
o un parente vicino
è così che vanno realmente le cose
chi non si cura dei fiori
è anche i fiori
i cieli azzurri
le aurore boreali
è così che vanno realmente le cose.
Faccio Poesia – filastrocca –
faccio poesia
faccio ironia
ma se fai tardi
mi faccio tua zia
faccio poesia
faccio “ciutía”
è nostalgia…
non di tua zia
faccio poesia
faccio alchimia
è un grande abisso
la vita mia.
Fino a un attimo fa
Fino a un attimo fa
fino a un attimo fa sapevo cosa scrivere
adesso invece
fino a un attimo fa le cose erano chiare
adesso invece
fino a un attimo fa ho pensato a una poesia
adesso invece
fino a un attimo fa sentivo la vita avanzare
adesso invece
fino a un attimo fa la visione del tuo culo
e adesso invece
fino a un attimo fa non pensavo al tempo
adesso invece
fino a un attimo fa avrebbe avuto un senso scrivere
adesso invece
scrivo di una cosa senza senso
che affonda le sue fondamenta nel non esserci
fossi almeno un genio
i lettori troverebbero nel mistero
accomodamento e conforto
ac co mo da men to e con for to
questo cerchiamo
ma non è la ricerca della poesia
l’unica vera poesia?
No, non lo è.
Pensare paralizza i sensi
Sentire senza cercare
è l’unica salvezza
far abdicare ogni desiderio
dimenticare il proprio nome
è essere sé stessi
non è l’unico mistero questo
a rendere sopportabile la vita?
non è sorprendente tutto questo?
Sapere molto
e non conoscere niente.
fino a un attimo fa non avrei saputo dirlo
adesso invece…