Il trifoglio che mi vide crescere
è morto, è vero
il quadrifoglio lo trovai una volta soltanto
lo lasciai là dov’era
a fare una lunghissima ombra
poco al di sopra del cimitero
i cani che ho nutrito
sono tutti sepolti ma ancora
scodinzolano docili i ricordi
perdute le lattine
a cui tirammo i calci
per poi nasconderci ere
dentro gusci di pietra senza tempo
perduti per strada alcuni amici
messi da parte gli amori
asfaltate le carraie pietrose
dove andavamo
saltellando per raccogliere more
e scansare serpenti
i castagni in paese hanno fatto posto
ad orridi palazzi e
molto di quello che ero
è andato perduto
con l’arrivo dei semi
ma non il ricordo
che hanno di me
i muri ed i figli
i padri e le figlie
le madri e gli ulivi
sanno ancora chi sono :
a quale razza appartengo
e la mia ombra ancora resiste
non è del tutto perduta
non mi importa certo scomparire
né dai luoghi né dalla memoria
un giorno l’oblio che custodisco
come una morte annunciata
come la malinconia dei giorni trascorsi felici
prenderà il sopravvento come è giusto che sia
ma ancora è forte la voce
del grido che lasciai nella valle
mi interessa ancora esserci
per sorreggere la calce
crepata dal muro che
mi vide più selvatico di adesso
e per respirare quei luoghi
dove chiunque può dirmi
con cadenza precisa:
Michè, Sei tornato?
e dove io posso rispondere
col sorriso brandendo una birra
che no, ché non me n’ero mai andato.
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