C’è sempre un accordo aperto
Che ci invita al viaggio-
Cosí parte la musica degli Alburni che
-duri, quasi — il san michele
Sono indifferenti alle europee
Alle sdruciole scommesse
E alle pale eoliche selvagge
Che si accordano invece benissimo
alla striscia bianca tratteggiata
Che separa corsie e uomini
nello spazio nel tempo e nelle dipendenze :
Sarà l’anno settemilaottantadue
Ché tanto sono numeri…
Qui di fianco a me ho Daniel johnston italiano
E forse non ha il pallino della musica:
Straparla, sbava, suda, trema e sorride
ma con grazia
Occupa lo spazio con amore e dolore
La sua enorme polo nera mi inghiotte
In una visione di pace e di sudore
Nella macchia di sudore fondo nero
Ci vedo il volto di un povero cristo. Stop.
Gli occhi cercano la costa, a ovest
L’autostrada fa il rumore vento
Il tirreno pare sbattersi a fatica
contro i viadotti in cerca di grazie
E tutti: da Coleridge a Melville a Conrad a Fajardo a Chatwin sembrano seduti come corvi sopra un filo della luce dentro la mia testa torbida di antistaminici di birra di ieri
di antipiretici e di canzoni: una:
True love will find you in the end…
ASINOV
ASINOV
certe volte immagino di scrivere un romanzo
seduto al tavolo, all’ombra, appena sotto la veranda
della masseria che non ho ancora ricostruito
là dove c’è un cane che ogni tanto gironzola
scodinzolando per il parco
dove il sole fa il perimetro
senza mai troppo bruciare
e dove c’è il rumore della sorgente
che fa da tappeto al vento che a qualsiasi ora
scombina le fronde degli alberi –
ebbene oggi ero sulla cima di un montagna
e mi è venuto questo pensiero
come una cosa da fare urgentemente
il titolo sarà ASINOV – ho pensato
e ci sarà poesia e della fantascienza
e degli animali parlanti poco scolarizzati
così, proprio come immagino
certi sentimenti: metà bestie – metà alieni
e per metà immaginati.
Prima o poi
Stanne certo. Accadrà.
Ti lasceranno solo con la tua visione…
Penseranno che non vali niente, rideranno delle tue manie e delle tue ossessioni…
E sarà allora che gli vorrai più bene.
Che li amerai di più.
Perché il tuo tempo sarà fermo e ci saranno i fiori, e le piogge e le voci sconosciute e tutto l’universo a tenderti la mano. Fratello.
A fare luce nella solitudine, la visione, abbagliante come il fallimento.
Oh, sí!
Esploderemo come una risata dentro al cimitero. Sarà la nostra danza a spese delle morte. Non temere. Ci divertiremo.
Apposto
Oltre
Sedimentazione – questa
La parola con cui parlo alle cose
Senza aspettarmi risposte
Mentre dal cielo viene giú l’olimpo
Che crolla con tutti i finis – dei.
Dice: sei un pazzo
Dice: sei un perdigiorno
Dice: voi poeti
Dico: sono stanco ma recupero in fretta
Dico: sono un cercatore
Dico: un sacco di fregnacce
Se mi metto dissertare sull’essere e il non essere. Taccio.
Come potrei sapere davvero chi sono?
Il mio nome è una domanda
Ma è anche un monito
Ma è soprattutto un caso spinoso
Questa cosa al netto di dio
Mi lascia molto pensare
Soprattutto quando mi dicono
Che non so amare nemeno un criceto
Soprattutto quando penso alla retorica
Della parola amore. E della birra.
E alle vie di fRuga delle tasche bucate
E del superuomo. EbBene:
(Ricorre spesso la parola bene)
Oggi è il maggio piú freddo degli ultimi 50anni – proprio oggi – e gli occhi lacrimano
Di allergia e di fuliggine – di fumo controvento
Paiono colonne di spiritelli benevoli
Che s’alzano come pilastri dalle vecchie case
A reggere il pensiero unico del cielo
Dai comignoli evaporano acque antiche
Che hanno conosciuto i nostri nonni
La stessa che ha formato gli spermatozoi
Qua si brucia legname come un tempo
Qua si brucia legname come il tempo
Noi lo sappiamo che per cercare calore
anche una mano fredda va bene
Se posta con la giusta grazia
A guardia di qualcosa
Che non ha difese
Se non gli occhi
Per guardare oltre
Ci sai fare
prato sfiorito
Maggio spreme il temporale
Come un mozzo di bordo
Fa con i cenci
Talvolta – il nibbio – squarcia qualcosa
Una poiana che raspa la roccia
A strapiombo sul cielo
nasconde un passato feroce
Le strade lontane dalle stazioni
Hanno il passo del mulo – qui –
Sui fianchi la primavera
Comunque sputa i colori nel fango
L’altro giorno ho incontrato per sentieri
Un vecchio tenore bastone_trasportato
-In cerca di funghi o di asparagi
…di un altro soffio di vita
Ma io non dissi che un cenno
Un pudore di terra
ci riduce alla pietra…
Si cammina sul mondo
per essere mondo
Non per godere dei fiori –
Per essere un fiore:
e tra i fiori
sfiorire.
Poco & Male
Posto andato svanito:
: Qualsiasi.
Non avere una tana
In cui scrivere che poi significa vivere
in un certo modo – tipo per strada
Costringe i pensieri all’addiaccio
senza-tetto al di fuori dell’universo sconosciuto.
poco male:
Questi vanno di bar in bar
Fino a sprofondare nel dubbio dell’esistenza
Fino a svenire – fino a svanire in
Altopiani del tipo Texas –
in pianure patago-anatoliche
In Deserti di parole e pietre
Di scheletri e di armadi freddi
E soprattutto di polveri e di grassi sintetici
Vomitati da auto imbestiate
Dalle reminescenze dei sabato mattina
Della Valle Dell’Agri – Napa Valley – California
Dagli uffici dei padri vista cimiteri
Da cantieri scorticati dal sole
Da case incompiute
Qui la poesia ha il sapore
Della nascita _ dell’appartenenza –
Del fulgore – cristo inutile scrocicchiato
Della bellezza morta ritrovata.
Trentaprile
Un posto qualsiasi
Di un trenta aprile qualunque
Dove non c’è furore di morte -certo!
La poesia si perde nei discorsi
Del pococaldo e del troppofreddo
Il sole che spande il suo veleno
Di una incerta primavera
Pare rivendicare la nostra inconsistenza –
Per la strada vecchia
Un uomo sale reggendosi l’ernia
Che porterà all’altro mondo
Come una maledizione
Nel palmo della mano –
C’è un significato profondo
Nella pioggia – che non so vedere.
Saluto il disgraziato
Con un impeto di amore
Ho per risposta un rantolo
Che sa di mesto vaffanculo
Possa questa luce sdebitarci
Da ogni desiderio
Che non sia una pace
Un fremito di sangue
Un albero fiorito
Contro ogni previsione.