Giro intorno alla poesia
Leggo molto
Ogni tanto scrivo
Giro intorno al mezzogiorno
Guardo molto
Ogni tanto parlo
Giro intorno alle tue labbra
Parli molto
Ogni tanto taci
Giro intorno alle tue tette
Soffro molto
Ogni tanto pago
Giro intorno ai nostri figli
Rido molto
Ogni tanto piango
Gira intorno alla mia vita
Molto cieca
Ogni tanto, gratto
Inutilmente.
Al ritorno dei treni
Il mattino presto
Per una volta fa tardi
fatte le dieci
Senza battere ciglia
Di giorno il rumore dei treni
Si perde
Dietro quattro motorette
Vanno Come ragazzini
A rincorrere spine
non fa più
Tetri sobbalzi il cuore
La luce al mattino
Fa dolci le ombre
Gli uccelli al risveglio
Freschi di prato
Sembrano in coro
Sputacchiare cristalli
C’è aria di attese
Già nate tradite, ma
Ci penseremo stanotte
Col ritorno dei treni.
Ci vediamo in giro
Il delirio collettivo di questi tempi ha una spiccata matrice rituale.
Come se l’umanità, periodicamente, patisse il bisogno di purificarsi attraverso l’autoflagellazione.
Questa è soltanto la fase di innesco.
Quello a cui stiamo assistendo, questa ennesima allucinazione collettiva,
trascende qualsiasi definizione di umanità civile.
Per questo non saremo mai dalla parte del popolo, degli stati, dei governi.
Saremo sempre dalla parte della gente, della condivisione, del dialogo,
della comprensione reciproca, della pace.
L’odio e la paura hanno dei costi insostenibili sia per le coscienze che per l’economia,
ma chi dovrebbe saper far di conto è troppo impegnato a fare cassa oggi per progettare un domani migliore.
I proclami di adesso puzzano di antico, ma si sa che il popolo è animale vigliacco,
feroce e senza storia.
Siate pronti a perdere ogni cosa, anche le cose che nemmeno sapete di avere.
Perché è questo il futuro che stiamo costruendo.
Ci vediamo in giro, dalla parte sbagliata.
Ombra Ombra
Scrivere belle parole
intorno ad un piccolo paese
come delle aiule
ma con più colori
oppure come sassi
a segnare delle tombe
sul fondo di qualcosa
o ancora ceppi
mezzi tronchi
intorno alla paura
e poi contarle col setaccio
oppure fare
a cerchi a cerchi
il tempo
( e perché no? )
come gli alberi
che non domandano
il cammino e
offrono riparo
ombra ombra
a chi ne ha bisogno
Eroina
La ragazza che entra nel caffè
Mi guarda e sorride
Le sorrido facendole spazio
Avanti al bancone
È molto magra & un poco scura
Ha qualche anno più di me
La vita ci sfiora appena
La musica pare d’accordo
Lei ride e ride chimicamente
In qualche tempo
Prima di qualcosa
Deve essere stata molto bella
Chiede un caffè e
Poi si fa seria e mi domanda
La strada per il corso
Le spiego il percorso come uno scout
Mi ami? Dice guardandomi negli occhi.
Sì. Rispondo senza esitare.
Lei ride. Io rido.
lascia un euro per il caffè
E si lancia verso l’uscita
A metà strada torna indietro
Grazie! Mi dice barcollando
Come fosse la cosa
più importante della mia vita
e forse lo è.
Poi si volta verso l’uscita e
ricomincia a sorridere forte
Mentre esce per sempre
Dalla mia sdruciola vita…
PAZ – 16 sei duemiladiciotto
Ogni anno da diversi anni
all’anniversario della morte
di Andrea Pazienza
(oggi) Piango
Eppure non sono un appassionato di fumetti
eppure non ho mai avuto nulla disegnato da lui
forse è questo senso di fratellanza
questa fragilità che lega
le scarpe da tennis alle nuvole
il buco vicino alla tasca sinistra dei pantaloni verdi
che lascio maturare come un bel ricordo
forse lo sguardo di cristallo
che sta per cedere
senza drammaturgia
o forse è questa attesa oscura
tra una parola e l’altra
che un giorno potrebbe
non divenire più voce
non più, all’improvviso
come la tempesta
che annuncia il lampo
come la saetta che non arriva
e poi un giorno
ti sorprende il tuono
ancora troppo tardi
come qualcosa che hai dimenticato
per sempre
sul fondo dei sentimenti
come un amore che
non hai saputo dire
e ti tormenta come luce
la sua carezza perenne.
Ed è subito festa.
“in questo tempo infinito e nullo”
quando la caducità è maestra
le cose si proiettano
come fari nella luce
i piani si restringono in rette
le rette in punti e
i punti suonano come pietre
come moniti all’infinito
qualcosa al di là del fiume
avanza una proposta
di grazia al cuore
c’è una donna che sorride
ed è come una carezza
universale
per la vecchia strada
divenuta nuova
persino i morti
adesso danzano
come vergini
ubriache di birra
ed è subito festa.
Ore sei del mattino
Ore sei del mattino
leggo Victor Cavallo
ad alta voce
ma non troppo
seduto sul cesso
sembra di stare
accovacciato
su di un muretto
all’ombra
di una mimosa
avanti ad un asilo
o ad una chiesa chiusa
da duemila anni
allora mi accorgo
di essere innamorato
persino della macchietta d’umido
che si crede un’ombra
all’incrocio di tre muri
e di una ragnatela
e di uno spazzolino sciancato
che tre volte al giorno
rinfresca le parole
senza chiedere niente
poi piango lacrime di cartone
guardando un docufilm
su Pino Daniele e
alle otto di mattina
ho già dato coi sentimenti
per tutta la giornata
quindi non meravigliatevi
se poi faccio lo stronzo
fino a mezzanotte.
“Lo stagno è felice dei rami”
“Lo stagno è felice dei rami”
È comparsa questa immagine
Nel mezzo dei pensieri
Affacciato alla finestra
E Non vuol dire niente
O forse all’incontrario
Là e là soltanto
c’è ogni cosa di valore
E Il cielo variegato fumo
E La siepe verde
E La musica che fa il verso
Alle auto che impazzano
Con traiettorie imprevedibili
Si fanno contorni
A margine della portata principale
“Lo stagno è felice dei rami”
Mi dico, prima
di mettermi al lavoro
Di Chiudere la finestra
Di Schioccare la lingua
come una frusta
Sulle parole
Eppure mi pare
l’unica cosa
Con una parvenza di senso.
Anarchia unica zia
Due giugno
Una parola
Un numero
Ritornano in vetrina
Razze e confini
Chiusure e accentramenti
Dopo la marea iperliberista
Il contraccolpo autarchico
Il picco reazionario
La paura di svanire
Come fatti nella storia
Il tentativo di marcare
Il solco leggero
Del nuovo impero
Oh che siete belli
Oh che siete frolli
Il mio cuore
Sì: il cuore
A rischiare banalmente
Il giudizio tenerello
Lo squadrismo pisciasotto
Il motore libertario
Non spinge per la patria
Né per la paura
Grida alle fioriere cementate
Canta alle frontiere spinate
Che c’è amore
Nel palmo di ogni mano
E suona e canta
Come una primavera
Dentro il lungo inverno
E Fa più allegro il passo
Verso ogni galera
Mentre qualcuno spolvera
La questione delle reni
Il popolo brama da sempre
La giocata dell’appeso
Il popolo è da sempre
Animale affamato
Mentre
“La gente è gentile”
Canticchiava un amico
Il popolo spaventa
La gente invece
agenta.