Il giorno più bello

  
Il giorno più bello dell’anno

Accaddero cose molto semplici:

C’erano gli uccelli che

sbattevano le ali nella pineta

Aprendosi strade tra i rami

Una pietra che ci aspettava

Da più di mille anni

Si fece comoda come un divano

Una strada in salita

Con delle spine lungo il cammino

Da schiacciare sotto la suola delle scarpe

Qua e là l’eco della vecchia stagione

Che rimbalzava tra i monti

Come una milonga

Firmammo un armistizio

Come due generali

E ci alleammo contro il tempo

Non un passo indietro! Invece

Non avemmo bisogno di dirlo

Ma ci abbracciammo a lungo

Come fossero sei vite e

I miei occhi ti dissero

Prendi tutto ciò che vuoi!

Ma non prendesti nulla ché

Avevamo già tutto il necessario

Per arrivare almeno a domani

Nella valigia soltanto il mio libro

Ed un bacio piccolissimo

Che poi era tutto ciò che avevo

A parte il suo profumo

e questa idea di amore

Che mi fa piangere

Quando sono solo

E non so mai se

è perché sono triste

O molto felice

Oppure è l’allergia

Come dico sempre

Se qualcuno mi sorprende

A rovistare tra la gente…

Sì, forse è l’allergia!

Deve essere così

E poi non ero io…

O forse hai visto male…

Comincia a fare fresco

Forse domani pioverà…

In a sentimental mood

La mia vita sentimentale assomiglia sempre più ad un bicchiere di birra sudato, ad una poesia dadaista, a certi aborti clandestini, a certi fiori nati e appassiti fuori stagione senza che nessuno se ne sia mai accorto. Comincio a dubitare di essere davvero me stesso, dubito della mia esistenza fisica. Comincio a vedermi come una entità spettrale: un ectoplasma che attraversa la materia senza lasciare traccia di sé, al netto di qualche ricordo nato già sbiadito. Se davvero sono stato io, sono stato un altro a cui adesso non so più parlare. Quale consolazione: il sole, la strada e l’animale. Sudare per i monti come un randagio, andare imbestiato dalla grazia, dalla fame di bellezza, dalla sete, dalla vertigine di un uomo che per non saper trovare posto sulla terra imita la danza dell’universo. Sono caduto spesso. Cado. Attraverso la folla come uno sconosciuto. Estendo i pensieri fino a non pensare. Vado cadendo come ubriaco da una carezza all’altra e quella voce di un poeta russo che ritorna al cuore come un’aritmia mi dice:

provo ad amare: eppur questo non basta… 

Provo ad andare: eppur questo non basta…

Allora dico: io amo. Io vado.

E tutto si fa luminoso 

Ma anche la luce cede il passo alla tenebra

Ma anche la tenebra ha nostalgia della luce

Fraternizzo con l’ombra e mi innamoro del sole.

Lo stesso amore che fa cantare di notte

Quando tutti quanti dormono il sonno dei giusti

Ed io sento nella notte una nota sbagliata

E me ne innamoro come un ragazzino

Disperatamente per tutto il tempo non necessario

Mi innamoro come amo le cose rotte

Al pari del sole e di certi occhi 

Dell’aria di casa e di una sconosciuta

Dei fiori morti e dei vivi

Senza compromessi

Tra il dentro e il fuori

Ho preferito l’ altrove

Che poi vuol dire tutto:

Tranne me.

​Quello che resta

Il sole. Il mito. Il dio.
Una lingua d’asfalto

E una di cartone

Si baciano per sempre

Tu mi dici arrivederci

Io sghimbescio l’attapiramento

Sposto di qualche grado il sorriso

parlo con le ombre e coi lampioni

Dico: Ne sono accadute di cose…

La tenerezza conquista una poltrona

Poi una stanza poi il cielo

E quello che non porta via il vento

Quello che resta lontano dalle parole

Ha il valore del pianto

Della pietra

Della carne sudata 

E Dell’uomo.

Quello che resta

Non è certo un poeta

Una frase o un racconto

Uno strappo alla regola

O al tempo.

Quello che resta è la vita

Non toccata dall’uomo.

Sogno. Zio leonard Cohen/ famous blue raincoat

Seduto sulla sedia a dondolo

Dimenticata sul porticato deserto

Avanti agli occhi una distesa di sabbia 

non piove da secoli

Pare significare l’orizzonte azzurro

In mano ho delle frecce

Sono quelle di una vecchia fotografia

Di quando non sapevo ancora parlare

Gli occhi sono gli stessi di allora e

C’è un vento abbastanza forte

Ma non c’è polvere

Il deserto è liscio come marmo

C’è soltando la morbidezza della mano che stringe  Il pugno dove sono ammucchiate le frecce

So che significa qualcosa

So che sto sognando

So che sono più giovane e più vecchio

Della versione di me che è distesa nel letto

Dovrei dire qualcosa

Questa è la sensazione!

Ma il vento è una carezza tiepida

Mi consola per la fine o per l’inizio di qualcosa

Da lontanto la voce di zio Leonard 

Piano piano prende il posto del deserto

E mi sveglia come un bacio sulle labbra

E tutto ciò che penso da sveglio è:
Chi era? Da dove veniva?

La rima col mare

Tutti i discorsi si affollano
Contro le pareti
non contro di me
Certi pesano più di altri
E non sempre è la morte
Non sempre si muore
Butto un occhio alla valle
E la valle non se ne accorge
A guardare dall’alto 
si finisce per ridere
Ci sarà qualcuno oltre le mani
A disegnare carezze
Col profilo del mio naso
Nel mentre passano per le strade
Persone che nessuno saluta
Questo mi ferisce
Come una brutta parola
Ma un poco più a fondo
Siamo così simili
Da poterci scambiare i nomi
forse, non certo i racconti.
Ognuno è quello che fa:
Penso e ripenso alla fortuna
Alla solitudine e ai capelli
Al sapore del vino
E alle cose che innamorano
A certi occhi dolci 
come laghi in tempesta
Dove si intravede il fondale
Pieno di sabbia, di cose cadute
E di amore selvatico per chi sa vedere
Senza voglia di prendere
O di possodere.
Penso e ripenso senza vergogna
Alla grande miseria
Di una strada –  un altare…

Alla rima col mare.

Arrivano i morti

Il Freddo scende dalle montagne

Come una lingua dimenticata

La gente si guarda stranita

Stretta nella camicia

Come di forza

Il pane fresco dal forno sul viale

Lascia tracce di beicapelli al vento

Stanno arrivando i morti

Coi loro pugni vuoti e serrati

Con storie mai dette da raccontare

A consolarci con carezze scadute

Con la tenerezza delle promesse non mantenute

Occhi morti- occhi d’ amore per sempre

Qualcosa si conficca nel petto

Come una lancia rovente

Un tizzone arso al bosco

diventa carbone

pronto alla brace

Ho trasformato la legna

Ma anche i pensieri

In fatti di carne e di vento

Cammino verso i monti

Come uno mai nato

Uno di voi

Uno felice

Una famiglia

Una famiglia 

Ho una famiglia mi dice

_Non ci vediamo da diversi anni

Ai tempi si partiva per la Svizzera

I modi sono sempre gentili

E la confidenza di un tempo è intatta

Dai tempi del nascondino

“Una famiglia” mi dice

E i tuoi figli?

Li ho persi per strada

Una sera forse in aeroporto

Chi lo sa… gli ho detto

O in qualche treno

Uno di quelli che 

per fortuna non ritorneranno più

Mentre ripenso agli americani di stamattina

Coi quali ho parlato di Mesopotamia

Di Matera e di certe band di Oklahoma City

Ai viaggi che non ho fatto

E a tutte le ragazze con cui

non ho mai pensato di fare un figlio

Forse una volta sola da ubriaco

Le chiesi: come lo chiamiamo

E lei rispose ridendo:

Vodka tonic. Ridemmo a pancia piena

E poi ci amammo per tutta la notte

Al mattino avevamo la bocca amara

nello sguardo il sonno dei giusti

E  nello stomaco la fame dei vinti

Sul tavolo le solite domande ed un’ unica risposta: caffèCaffècaffè…

In piscina

In piscina a bordo vasca

Un libro di zio Carver

Tutte le poesie

Che poi è tutta una vita

Mi viene da pensare alla morte

In mezzo a tutta questa vita

E poi mi vieni in mente tu

Come quando c’è la luna

Affianco al sole

E il cielo è azzurro

E i preconcetti saltano

Come quella volta che dimenticammo di salutarci

E nessuno se la prese

Ché infondo ci dicemmo

Sono solo passaggi fittizi di tempo

E anche rincorrersi è insensato

Per sempre? Per sempre!

E tutto già era accaduto.

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