Qualcosa sulla guerra
e sul pane e sugli uomini
e sulle candele e su tutto ciò che
per fortuna ancora non conosci
come un passo dentro un lavandino pieno di mestizia
scrivi come un ricordo di feriti in Africa
Albania Grecia di piroscafi affondati
come i nonni che bevono flussi di incoscienza
o I prozii morti o dispersi
o famiglie divise da oceani
o come certi scritti di pelle lasca
di Malaparte di cose che si arrangiano
di cose che sono persone
che hanno tutte le stesse facce
gli stessi fratelli o madri o ciabatte
gli stessi pensieri o occhi o fette di culocambiali
scrivi di quello che non sai – mi dico
ma senza scrivere veramente
o alludere a…
scrivi come per sentire il suono
o l’odore
delle dita profumare
di igienizzante
di tastiera sterile. Calda. Comoda retroilluminata
frontespizio tecnologique. Scrivi della vergogna
che conosci bene
del peccato originale
del fatto che sei – chissà che voglio dire- qui per caso
comodo come un pompino seduto
sulla poltrona del tempo
mentre il resto è sconosciuto
come una colpa acuta. Come una ignoranza
scrivi di niente scrivi di dolori simulati
della noia dell’inazione del giubbotto di piume calde
della donna che ti guardava poco fa come fossi una mela matura
della strada senza buchi dei sedili di pelle
delle bollette pagate e dell’incertezza del lavoro
scrivi di ciò che non conosci
che poi significa scrivi di qualsiasi cosa
ma senza retorica o buoni sentimenti o sentimenti
scrivi come una cazzo di raffica di vento o di piombo
che parte senza un vero motivo valido
scrivi – ma nemmeno di lacrime e di empatia
scrivi che sei morto da una vita
scrivi che il sapore della polvere da sparo
a dieci anni la ricordi come uno scugnizzo settepuntozero
come un brigante con gli scarponcini nuovi e le palle in goretex
scrivi per ingannare il tempo e te stesso
come se avesse un senso farlo
o vivere o impegnarsi per o una sega
o per una morte a credito o la vita in cash
o qualche altra cosa che ti passa per le mani o la testa
o per i colori per Celine per Qualche altro cane sciolto
o per le montagne o per qualcosa che non sai ancora descrivere
con le parole e senza le parole e senza lingua fra i denti
senza schiocchi di dita
scrivi perché le dita vanno veloci come un ditalino
come uno scoiattolo da competizione
su questa cosa scivolosa che si chiama sera
la prima sera della vita la prima volta che
è venerdì quattrofebbraioduemilaventidue
e che non vuol dire niente. Davvero dico. Niente
come una bagliore prima del prossimo
che forse arriva o forse no
di questo niente che si fa spazio in altro niente
che smuove le dita come una fica
e le vecchia storia della pariglia di buoi
l’ho già detto? Forse sì, ma che voi?
Io non lo so.
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