La mia terra

io sono la mia terra.

la valle accogliente

dove sibila il fiume,

la montagna più aspra

che si è fatta collina,

il campo abbandonato

che ha ingoiato l’aratro.

io sono la mia terra,

mi guardo allo specchio

e vedo alberi, fiumi,

Cose che aspettano

Partenze e ritorni

Mani da stringere

Occhi che vedono

Storie antiche 

E nostalgie

E cose che partono

E sempre ritornano.

29 Luglio

29 Luglio
Le cicale sfrigolano
come al mare la sera
la tenda appesa
è un ricordo
dei giorni di vento
il caffè che sale
dice che tante amarezze
diventano dolci
i pugni chiusi
sono soltanto un’idea
i panni stesi
una buona misura del tempo
la valigia aperta
è sempre un anticipo
quasi una alla mezza
il solito aereo
un po’ troppo basso
e soli due gatti
a bagnare la strada

gente che si offende

Sempre più spesso
Gente che aspira e
Che scrive cose
Mi avvicinana
e mi parla di come
cerca ogni giorno
La santa ispirazione
Io rispondo che
non aspiro
A esser niente e
Cerco solo un po’
Di pace.
Ogni tanto
Lo vedo che
qualcuno
Col sorriso
Un po’
Si offende.

Certi giorni ho voglia ( o’ nanismo)

Certi giorni ho voglia

Di prendere un aereo

e di bussare alla tua porta

Di entrare nel tuo studio

E mi immagino

Buttare giù con una strizzata d’occhio

L’imene del tuo ufficio, mi vedo

Come l’apparizione di un santo

Perché se tu venissi adesso

Io perderei l’uso della parola

per almeno un paio di giorni

Ma poi rifletto, sorrido,

E convengo d’essere un coglione.

E come tale mi ritrovo a scrivere

L’ennesima scanzonata inconcludente

apologia dell’inutile

Quando si parla di te perdo ogni certezza

Che negli anni ho conquistato a fatica

E anche se ormai non ricordo più il tuo viso

Mi è rimasta un’orma impressa nel petto

L’ultima volta che te ne sei andata

Un 33 misura italiana, maledetta nana.

Gne Gne Gne…

Le monde

​Ah! le monde.

Grappolo d’uva

d’acini gonfi

e raspo deserto

le monde

è una bolla

che esplode

nel mezzo del sonno

raramente è silenzio

qui c’è gente 

che urla

di meraviglia e

di eterno dolore

Quando cerco pace

Quando cerco pace
Scavo nei ricordi
Quelli più antichi
Facevo il numero 3
Con le dita alla materna
Salivo coi piedini su quelli di mio padre
Camminavamo insieme per andare a letto
Lo chiamavo il carro armato
Sollevavo le gonne delle bambine
Dopo aver lanciato con destrezza
I loro giochi nel prato
Già all’epoca ero incapace di romanticismo
Ancora prima ricordo un davanzale
Un boxer e una finestra
Una luce che adesso
Mi pare un’apparizione
I topini che cercavo di liberare dalla colla
Nella casa abbandonata dopo il terremoto
Col mio amico Domenico
Picchiavamo sul muro
Dell’asilo prefabbricato
Così il crocefisso dall’altra parte
Cadeva nel pentolone della mensa
Sfondammo la recinzione, una volta,
Approfittando per giorni della ricreazione
Per tirare un calcio a testa verso la strada
Sfondammo e corremmo per qualche metro verso la libertà, fu bellissimo.
Poi rientrammo senza fare troppe storie
Facemmo il funerale al pallone
E a un passerotto
Ci rompemmo il rompibile
Denti braccia teste occhiali gambe
quasi mai le palle.

Ho male a un fianco

Ho male a un fianco

e a una nuvola

ho male alle scale

e alle scarpe

male al letto

e al cuscino

non ho atteso nessuno

e nessuno mi ha atteso

per la seconda volta

sono arrivato secondo

ad una gara di go kart

al ritorno 

ho infilato la chiave 

nella serratura blindata

e questa si è aperta

ho provato una certa pena

così sono le porte

infili la chiave

e loro si aprono

sono semplici

mi viene voglia di raccontarle

un segreto che se rivelato

mi distruggerebbe

ma le porte parlano

la lingua morta

delle partenze

e dei ritorni e

l’ultima volta che sono partito

le ho detto: vieni

porta chi vuoi

sono stato crudele

lei mi si è sbattuta alle spalle

io non mi sono voltato

eppure al mio ritorno

ho infilato la chiave

e questa si è aperta

ho pena per le porte

e per certe persone

e male a un fianco

a una nuvola

e alla porta

E a certe persone.

specchi

Mi stupisco sempre
per come siamo diversi
In particolare le donne
Mi catturano presto
Creature misteriose
Caciarone o silenziose
Ognuna sempre
pare nascondere
un fitto mistero
Ed io lì sto ore
Giorni mesi anni
Come un dervisci
A slegare parole
A scardinare difese
A spogliarmi di tutto
A diventare parola
Poi pensiero
Poi niente
E se davvero riusciamo
a spogliarci di tutto
Uno di fronte all’altra
Siamo due specchi
Ci abitiamo una volta
Ci leghiamo per sempre.

Mentre cammino

Mentre cammino
Penso alla morte
Troppi amici si ammalano
Non sono triste
Ho la rassegnazione negli occhi
E uno slancio di immortalità
Radicato nel cuore
Passo sui ponti, scrivo
E tutto mi pare un dialogo
Parlo col ferro
Col cemento e col fiume
Tutto mi dice qualcosa
Cose che non posso capire
Incontro altra gente
Saluto qualcuno
Le auto puntano
In direzione eel mare
Io nel mentre
ho una sola certezza
Quella di andare

​PIOVONO AUTOSCATTI

PIOVONO AUTOSCATTI

Mi sveglio alle sei

Tachicardia

Sono solo al centro del letto

Respiro, lotto con gli acari

Quattro di bastoni

Fisso il soffitto

Fuori è giorno

Gli uccelli sono svegli da un pezzo

E il mio con loro

Tenta un allungo alla Carl Lewis

Verso il mattino

Respiro a fondo

Trattengo l’ossigeno

Più che posso

Come se stessi fumando

L’ultima paglia di vita

Ho sognato una pioggia di gente

Una pioggia di storie inutili

Di prospetti sbagliati

Mi piovevano addosso i vostri faccioni

E non avevano niente da dire

Denti labbra occhi fronti accigliate

Niente di buono da dire

Una grandine spaventosa

Mi ha raggiunto

Sulla riva del lago

Un dolore insopportabile

Nel mezzo del sogno

La paura di essere inutili

Di non esistere

le Immagini cadevano

come piastrelle affilate

Decorate male ai cieli di merda

Il terrore sul fondo di ogni sguardo

Il dramma dietro ogni sorriso

Meglio una fucilata!

ho pensato nel sogno

Meglio un investimento!

La zampa di un orso!

Una caduta allegrona!

Un pugno e un infarto…

Che essere sepolto

Dai vostri terribili

Terrifici autoscatti.

Abbiamo tutti paura.

cose da dire

Non ho mai creduto
nella lotta con la pagina bianca
Se non hai niente da dire. Taci.
Mi ripeto sempre.
Eppure mi ritrovo
col peso di dover dire qualcosa
E di non saperlo fare
Così passo il tempo
Avanti a un muro bianco e
Aspetto che mi parli
Che mi gratti la schiena
Che mi allunghi un centone
Che mi inviti ad uscire
Che mi faccia un massaggio
Che mi passi una birra
Che mi dica qualcosa
Prima di andare a dormire
Non c’è cosa peggiore dell’andare a letto
Col peso di dover dire qualcosa
E di non saperlo fare.

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