7 APRILE. QUASI MILLECCINQUE.

Penso al mio compleanno

Quello dei 33

Ch’ era un numero a due labbra

E di terra che tremava.

Immota manent. Porto scritto nello sguardo.

Sono passati dieci anni fra tre giorni

e ora

dico:

Vecchia scarpa. Tappo di bottiglia e suoni.

Hai lo stesso cuore sporco

dei tre anni. Lo stesso disonesto.

Tu pisciavi nelle scarpe della bidella.

Tentasti la fuga dall’asilo

Sfondando a calci la vecchia recinzione.

Spiavi con destrezza sotto le gonnelle e poi ti innamoravi come pera cotta di ogni tiramento.

Bambine, che miracolo. Pensavi incuriosito. Adesso lo sai che

la vita è donna

Pensi. alle tue cose come a delle cose

E che quello che ora è tuo non ha alcun significato.

E che la vita è solo una scoperta

E che sei un uomo Fortunato

Senza averne alcuna colpa

O viceversa o stai mentendo o altre cose.

Però sai anche che non capirai forse

molto più di quello che non sai.

E.

Ogni giorno pianti un chiodo nella pelle.

E poi ci passi sopra una carezza

E poi sbraiti e poi ti contraddici

E minacci una invasione. urli calci al vento

Ma poi ti fai accogliente

perché adesso ti sai arrendere e poi

In dieci anni hai scritto qualche cosa

Hai stretto molte mani

Hai cantato molte volte

E adesso hai tanti spilli

Allegri, che vagano nel cuore

Come morti certi

di non poter morire.

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Posso venire in abbraccio?

Domani ti dico ciao e ti voglio bene

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