certo un albero non fa primavera
ma forse neanche mezzo autunno, mentre
due alberi se si impegnano molto
nel modo di alberare
potrebbero pur sfilare la coda dal lupo
e farne spolverino o due ore di sonno perduto
oppure il rumore di un fiume prosciugato
qualche era prima che accadesse…
dici che il tempo è quel che è
dici di essere questo o quella cosa
dai tratti ben definiti – come una lucertola
che ha appena rotto una matita
per aver dimenticato gli angoli del fiore –
mi pare fosse giallo o volevo dire azzurro, dico:
chi ci salverà dalla sindrome della biro?
questa malinconia dello scrivere davvero?
poi dici una cosa che non rinneghi mai
e chiami coerenza ciò che non è stato
e affermi sfaccendato di vivere rampando e
di non inventare alcunché che sia pensato – cose da pazzi.
arrivi persino a scrivere sciocchezze
che diremo: frasi di senso compiuto!
poi cerchi la salvezza nella verticale senza ami
e il cielo che pareva un aliscafo
schizzava qualche nuvola sul viso di qualcuno
che un giorno predispose una giravolta sul fornello
a cui avrebbe dato fuoco una di quelle mattine
che non arriveranno prima di domani o forse prima per il semplice disgusto dell’esistere
come controsenso –
forse salveremo il penultimo caffè
dall’alba e dal buongiorno
e ne faremo un fuoco, un albero da fresco
qualcosa da cui prendere
senza domandare.
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