Mi è capitata sotto gli occhi
Una foto in cui suono la chitarra
E la luce del sole taglia di netto
metà della mia testa
Il viso, di profilo, pare una maschera africana anemcia e con la barba.
La camicia a quadri che fa molto fuori_college americano
La posa plastica con gamba accavallata anche in piedi tradisce una certa senilità di fondo.
E sarebbe una foto come un’altra
Ma non lo è.
Non lo è perché è una foto pluringannevole
Uno: della chitarra conosco solo la scala pentatonica
e suono come se a T. Emmanuel fosse venuto
Il piú epilettico degli attacchi epielettrici.
Due: mi costringe a scrivere una pseudo poesia narrativo_inutile_descrittiva,
mentre ero partito con l’intento di giocare sulla parola “decollato”.
Tre: i santi, martiri, devono avere a che fare con i primi astronauti dato che molti sono stati decollati. (Lasciatemelo dire)
Quattro (numero bonus per i primi 100 lettori):
Ricordo bene a chi pensavo in quella foto,
pensavo di essere altrove
col sole alle spalle,
il muro era fatto di onde di mare e di poster
Il porto! Le navi che sfilano avanti agli occhi e lei di fianco, in silenzio.
Il rumore, per riempire una distanza
Serve a molto poco. Però distrae.
Ho lo sguardo perduto, in quella foto.
Ho la malinconia della verità rivelata.
Quando non c’è spazio per un ipotetico futuro, ed il presente sovrasta ogni cosa,
Col peso dei corpi, e solo lo sguardo fugge,
Come una ritirata comandata troppo tardi.
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