Mezz’ora di pausa dalla voglia di lavorare
Usata per leggere Brodskij ad alta voce
Sul cesso. Da solo. Di fianco alla finestra.
Piccoli lussi che mi concedo ogni volta che ho voglia. Caschi il cielo e con lui il metaverso.
Il giorno punge con un sorriso azzurro. Il vento frizza. Le nuvole imbastiscono una quadriglia.
È l’autunno delle montagne del sud. Da anni qui le guerre le combattiamo dentro i bar. Vere e proprie navcelle spaziali alla deriva.
Mi alleno a leggere in pubblico. Come mi ha scritto una amica stamattina: buon acchiappamento di mosche! Non fosse che anche le mosche sono sparite ai primi accenni di fresco e incalza il pensiero di un corpo a corpo con le pareti del cesso bianche e rosse come un’ambulanza.
Si fa solido il pensiero di uno spettacolo
Dove la gente è venuta con gli abbracci stretti nelle tasche dei giacconi. Ci spoglieremo. E leggeremo ad alta voce delle cose che pungeranno un poco la gola, come la sete.
La stessa sete che non appagheremo mai.
Leggo queste parole alle ultime vespe che nidificano nell’intercapedine tra la finestra e il muro del cesso.
Come se fossi in mondovisione. Come se fossero le mie ultime parole. Potrebbero esserlo. Perché allora non metterci tutto me stesso?
Sono le 9 e 55 del mattino di mercoledì 28 settembre dell’anno 2022
e sappiamo bene quante stronzate contiene quest’ultima frase.
È ora di raccogliere i ferri. Forse la pioggia, i campi sterpati brillano nel silenzio. Abbiamo a che fare col cosmo. Tagliamo le antenne. Sconfiniamo nel mentre.
Rispondi