Vendo Le Scope
Deserto umano
Interno giorno
Fuori pietre e cementi
Post sisma 1980
Ed altri terremoti interiori:
Da qui partono anche le formiche
Da qui – nessun posto –
Si dimentica il linguaggio
Se non sei stato via per qualche secolo
Se non hai abbastanza soldi per guardare fuori
Se non hai abbastanza libri per allungare la vista
Se non hai la fortuna capitalista occidentale
Se non hai gli amici giusti
Se non sei nemmeno aggraziato/a nelle forme
Se non hai la fortuna del merito scolpito con le lire nelle ossa da tuo padre, da suo padre.
Se non. Seno. N. Se nonno non…
Allora sei fottuto/a di nostalgia che fa rima con birra e brividi d’azzardo. Senza musica. O letteratura. O un amore. O poesia. O una uscita di sicurezza che ti prenda per mano nel delirio.
L’epica della tua caduta la racconteranno i meritevoli… Diranno che non ci fu troppo rumore.
Per te soltanto quella voce che si sente a primavera, quando il freddo lo permette:
Scooopeeehh, vendo le scopeeeeeeh!
Scopeeeh, vendo le scopehhh!
Le scope. A spazzare le macerie di un futuro
Fatto di polvere…
Il vento! E aspettiamo il vento ormai da qualche secolo.
:Scopeeeh vendo le scopeeeeh.
Le scopeeeeh. Anche le scope vengono da fuori.
Certo, certo: Nice: “Bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante” ammesso che la carità le insegni due o tre passi, giusto per non fare troppe figure di merda, prima di morire di stenti e solitudine e alcolemiaportamivia.
Senti: Scopeee Vendo le scopeh. Che musica! Che musica…
IL LIBRO COME ALIBI(ALIBRABA’ E I 40 LIBRONI)
Romanzo scritto bene, su come il libro inteso come oggetto faccia le veci della lettura in una realtà affollata di immagini che diviene tale solo e soltanto se avvallata da documentazione fotografica.
Esempio:
Il o la protagonista, durante una delle tante serate trascorse a bere spritz avanti al caminetto in una famosa località sciistica, la notte di Natale decide di riciclare l’imballo in materiale plastico del suo nuovo telefono ricevuto in dono dallo spirito santo, direttamente tra le accoglienti fiamme del focolare.
Feeeermaaaahhhh! Si leva una vocina dal divano. È la voce dell’unica anima fragile della combriccola. Feeermaah non vedi che èplastica? Inquina!!!
Il o la protagonista, interrompe per un istante il lancio, fulmina con lo sguardo l’amico fragile, e con voce roca e profonda, indignata e ferma come le lancette del Big Ben alle 24 00 con tanto di campane, tuona: VEDI CHE IO SUL COMODINO HO “IN PATAGONIA” DI CHATWIN!!! Non hai visto il mio ultimo post si Instagram? Mi sa che hai anche messo un like. Quindi… {Pausa scemica}
E via, con rinnovata energia, la mondezza, nel camino di questo secolo appena cominciato.
Questo romanzo non vuole strizzare l’occhio alla morale. È un ritratto neorealista che si candida allegramente a sbaragliare il/la PREMIO/A CAPPELLO/A.
Se poi hai un/a romanzo/a migliore candidalo/a scattagli una bella foto e vediamo!
UN PALO DEL TELEGRAFO SU PLUTONE
Pini aguzzi come denti
Sul crinale 291 gradi nord ovest
Dalla mia stanza preferita
Montagne. Mascelle del tempo
Infiniti leopardiani scivolano a valle
E si fanno fiumi – talvolta tratturi
Aridi come pensieri di guerra in estate
Raccontare solo cose probabili. Mi dico
Tutto è probabile per quanto ne sappia
Noiosi Asintoti prostatici sono le parole
Che se adesso ne inventassi di nuove
E potrei con poca fatica- sarebbero
Diverse e ugualmente noiose.
Cos’è il linguaggio se non una frontiera?
Come uscire dal bordo adottandone le regole?
Sovvertire lo status quo? O addolcire il trapasso?
Guardare con occhi innamorati la vittima e trafiggerla? Oppure lasciarsi trafiggere o trafiggersi alla fine con un punto esclamativo?
O ancora essere tutto in ognimomento come davvero credi che sia? Non è forse fede ciò che dici intuizione? Non ti vergogni? Certo che sì!
Forse è una scusa per far bello il mattino? Certo che sì. Ma solo perché sei distratto. Solo per quello Amico mio bello.
Forse partire dal moderatamente certo. Dai sensi
Per quanto sia orbo, setto nasale deviato e un principio di artrosi che minaccia anche il cuore.
Cosa conta davvero amico mio bello?
Al netto della salute e del voler bene.
Su cosa concentriamo i pensieri stamane?
Tutto era così acceso e vivo come ogni mattina
Eppure pensavi nella tua testolina di trovare una scusa per far bello il mattino. Sei ancora vergine amico mio bello. Sei ancora morto troppe poche volte amico mio bello.
Siediti, lascia la penna, ascolta il futuro di un passato a venire
Immagina di essere come come un palo del telegrafo trapiantato su Plutone. Perché non è che ci sia se ci pensi, tutta questa differenza.
21 Marzo – La casa in riva al fiume
sono giorni che non puoi scrivere niente
tutto quello che pensi è mediocre e ed inutile.
Certo. non che nei momenti più felici… Però…
dentro al giardino di casa diresti:
vabbè, è esplosa. succede…
non è soltanto colpa del virus intestinale
che non ti fa dormire ormai da due giorni…
deve essere la Primavera
con il consueto anticipo di nostalgia:
immagini da tempo di affacciarti alla finestra
di quella casa che guarda il grande fiume
dove passano i battelli illuminati – dopo una notte di pioggia
quella casa dove i cani sono sempre pigri
e riposano persino all’ombra dei lampioni
e la musica fa capolino dalle nuvole al posto della luce
e i fili d’erba del giardino hanno tutti nomi diversi
e ti salutano ogni volta che li guardi
e tu ricambi, e conoscono il tuo nome
e si presentano ogni volta
come spiriti benevoli del passato. come una famiglia-
e le siepi basse e morbide come cuscini
cambiano forma col vento e fanno il controcanto alla musica.
Talvolta sembrano rabbrividire col freddo.
là in quella casa sul fiume Rippett è nascosto un bottino
ma lo sai soltanto quando ne sei fuori. come adesso.
Se dovessi entrarci, saresti parte di un quadro che non ha conosciuto altro che quel paesaggio.
alle volte mi chiedo se non sia proprio tu quel bottino…
o te lo stia inventando di sana pianta. So che saresti capace
di montare una storia ricordando un vecchio libro…
Chi lo saprà mai…
Il Coro Degli Angeli sbagliato
Metti a frutto il raspo dei giorni
(La frase mi ossessiona come un buon odore)
Quello che resta sotto al pigiama
Come cemento – Come velcro al mattino
Si stringe in una virgola di ombra
Friburg juve gracchia la tv
Strepita il suono dalle nuvole
Oltre le nuvole – hamburghessa y patatine
C’è stato il sole oggi pomeriggio
E sul lago sia levavano aerospizi
Me l’ha detto margherita che
mucchi di ossa da essiccare al sole
Facevano fremere d’attesa i secoli a venire
Cosa non sei sembrata oggi?
Un trullo abbandonato?
Quale nome ha indossato con mestizia?
Ermenesfizio?
Tu che chiami col riverbero il futuro
Entra in questa casa abbandonata:
A proposito, sai chi ti cercava?
– Chi?
Il cazzo! ( Gli angeli in coro)
Poema Epico Sulla Distrazione
Poema epico sulla Distrazione
scrivo il poema epico
sulla distrazione:
:dice che mi cercano al telefono:
e con una certa insistenza:
dicono: – oh, uè, non ci sei?
e poi si fingono morti
ma non sanno poi di esserlo davvero.
Non mi parlano di neinte
se non della necessità
urgente di far finta di niente –
tipo non esistere se non
come companatiche del giorno.
pare sia molto stimato
e ricercato e bramato
come damo di compagnia
per questo inferno rosa
che vira un poco sul marrone
dice: Uh. Che primizia averti qui!
come soprammobile minuto
che si fa certo beffe del cronometro –
che squisitezza questo giorno
in cui la vita splende come un carillon
nel negozio di mangimi per uccelli
che non riescono a volare
mentre meco porto senza peso
risicati appunti
sopra una poesia pensata giorni prima
giusto due o tre parole
che ho salvato dalla muffa.
mentre grandina e risacca il pensamento
e l’odore di frammosa si confonde
all’orizzonte