A voi sembrerà strano, forse.
Ma in quell’ora dopo sveglio, prima ancora di leggere le e-mail e le cose di lavoro. Seduto sopra il cesso, mi concedo la ricerca del mattino. Scavo dentro il corpo e nel pensiero come un trovatore. Servo. Disperato. Gioioso di sapere.
Quella la mia ora più felice. Dove il tempo si restringe fino a scomparire. E ogni dovere resta, come è giusto, subordinato allo stupore. Leggo una poesia, poi un fatto, una scoperta. E subito si accende l’universo. Scrivo, ed è cosa naturale. Non una pretesa, né un mostrare: solo un continuo scomparire. Una continua muta, un eterno rinnegare di presente. Accado sempre un po’ più in là di ciò che vedo. Per me, certo, non riservo niente. Anche lo stupore è un fatto già accaduto. Cuore gonfio di unicità e di limite, ti porto nel futuro come un rinnegato. Una cosa inutile. Un sasso frantumato dentro un vetro.
Non mi appassionano i miei scritti, né nutro affetto o appartenenza. Certa è questa enorme tenerezza che provo nella voce, da un presente solamente immaginato, verso la persona che Sconosco giá col piede nel futuro di queste “enne” sconoscoute dimensioni.