pagina bianca
giorni contro notti
notti sotto i giorni
lucrezia sotto ai ponti
con i sassi appena nati
pettinava le virgole degli immacolati
pagina bianca
il cielo porta pioggia
e la sventura di notizie
cammina o’ vicchiariell’ sott’all’acqua
pagina gialla
di sabbia e di cirrosi
l’itteratura che mi fai male al fegato
come la vita, l’ombra e l’amore- oggi per esempio
Afo ci ha lasciati uomini più ricchi di come ci ha trovati
come quando disse a Mingus ch’egli suonava il campanello della bicicletta
o Chet Baker che lo infiltrò tra gli orchestrali
o quando mi urlò contro che non avevo capito un cazzo
di Pasolini – nel mezzo di uno show
ché era meglio megaparsec di Leopardi.
e le dediche sul suo libro: Al mio poeta preferito. scriveva
ma io sapevo ch’era solo gentilezza, complicità e quel velo di amicizia.
questa cosa che pare un necrologio
e non vòle essello e non lo è che manco poi ne sono degno
è solo parte dell’esistenza che adesso è trasformata
in sublimazione di vino e di jazz e di brindisi allegroni di Gabrielle
e di vecchie storie di comuni anni 60 e di lotta continua
e di compleanni in circolini e di viti e di vini e di inviti ai vini
e cose che non c’entrano adesso e che
entrano comunque in connessione
come un calabrone
che si ripara dalla pioggia sopra il davanzale
e il cestino dell’immondizia quasi mai usato
– e un caldobagno ormai a riposo
e di uno sgabello guercio – rosso e malandato
le mie braghe calate che fanno molto umanitas
e amore per la vita e per la morte
e per ogni tiramento
a cui non so resistere poi per dire a fine corsa
:non fece tutto quello che avrebbe voluto
ma comunque tanti cazzi. amiche e amici miei
ci aveva la scrittura e la tazza di porcellana
su cui sedere ore e ore trono trono in godereccia solitudine
e sempre una finestra da cui aspettare un’alba o un tramonto
così come si aspetta la persona cara
o la si saluta: occhi impecoriti all’orizzonte
che mai regala e spesso prende
quella smania di esistenza che rizza i peli fino sopra al culo
e sulle braccia frizza il brivido di vita che poi di morte…
che fa il pensiero teso come cristallo
che se lo tocchi bene col silenzio
suona con la voce di ognissera.
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