Sei sul cesso. Ricordi in una poesia del vecchio che manco hai amato più di tanto. Brahams. Esce dagli altoparlanti che pare un grammofono. Fuori novembre fa il suo. Tempesta sui vetri. Un tempo eri un cinghiale sociale. Ti mischiavi con la pelle dei simili e ti trasormavi in Fantachinò. E correvi per le strade col mantello invisibile, saltando sulle bici, sui capelli e sui tombini. Se solo ci fosse la giusta compagnia, ti ripeti come un eremita stanco della grotta. Se solo… Brahams funziona. Te ne accorgi mentre spingi. La sinestesia regna anche in un cesso. La pioggia profuma di bergamotto e Sauvignon blanc. E tu cosa ci abbini? Scatta la rotella. Crack. Spit! Una bruschetta col lardo palizzata. Che dici? Puó andare? Può andare… Qualcuno mi disse un giorno : ora e qui. Questa cosa mi ha ronzato nel cervello per qualche metroquadro. La risposta fra tre giorni. Come la Wertmüller. Come gesúcristo, ma meno minaccioso. Niente da salvare. Sempre e ovunque. Sempre e ovunque… Sempre e ovunque. Cosí si annienta l’iperliberismo. Cade anche il blackbisogno. E le urgenze diventano pulcini. Pensi al museo della solitudine: L’ Eremitage… La cosa ti fa ridere. Ritorna Brahams con altre sinfonie. La pioggia oggi è controcanto. Tuona lo sciatico. Frizza un lazzo che fa rima con sprazzo. Non sei il centro del mondo. Nemmeno Di te stesso. Il pensiero divergente si è perso in qualche limite anche molto noto. Le solite domande hanno vesti sempre nuove in barba al consumismo. Il coro degli angeli sputacchia barzellette che non sanno farmi ridere. Poco importa la persona. Ti usi fino a consumarti. Come uomo e pensato e pensatore. Che senso ha scrivere per lasciare traccia? Se sei qua a tentare di annullarti per essere una cosa? Forse non sarai. O non sei. E Carmelo Pene cheffá? Ritornerá Fantachinò con il miscuglio da viaggio e sfrapperá le strade con parole azzurre anche il culo della notte. E se non risfrapperá risfrapperirerá.
Rispondi