noi siamo gli spettri
i vetri incrinati sui petali al mattino
noi siamo i senza speranza
non abbiamo futuro
perché non abbiamo presente
esistiamo in un intorno di un qualcosa
poi di altro e poi di altro ancora e ancora
e la vita ci trapassa come burro
e ci riversiamo negli angoli oscuri
a pisciare dietro cassonetti
in pieno giorno
tramortiti dall’assenza,
(- di cosa? soffia una voce –
ma nessuno può rispondere)
, dal peso tronfio di un qualche cieloazzurro –
noi non spostiamo le montagne
perché esse ci atterriscono di canti e di bellezza
e le fissiamo come un miracolo – come –
una stretta di mano tra due sconosciuti
che non sapranno mai di essere esistiti –
se non avessimo occhi, mia cara, avremmo qualcos’altro
e saremmo uguali a qualcosa di molto diverso
che in noi trasforma ogni cosa in altra cosa
- e poi diciamo che la sofferenza degli altri
è cosa assai atroce – le portiamo assai rispetto
mentre la nostra – non la benediciamo –
la avvolgiamo di seta e di abbaglianti allegrie
(o almeno ci proviamo e non è detto sempre
che lo spettacolo riesca)
come una festa appena cominciata
o l’ultima nota dell’orchestra da ballo
che ci trafigge i sensi con eterna finezza
e ci rallegra il passo la sua malinconia
mentre ritorniamo…
…ma dimmi, sedia della sera, dov’eravamo rimasti? - nella camera da letto.
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