caduti i canti,
calpestati come bicchieri
sotto la ritirata della folla,
non resta che la solitudine
del mio mal di testa,al mattino,
il mare è un pensiero fisso
che ristagna tra i monti,
matura sovrappensiero
come una poesia.
inforco gli occhiali,
isso un cappello di paglia al sole,
la macchina già si aggrappa al ritorno,
lascia briciole di benzina e vapori
dietro lo scappamento.
aspetto il ruggito della terza
che gratta all’ultima curva dei monti,
allungo nella pianura con un sorriso,
il vento fa un mulinello tra i capelli,
il sole si specchia nel paraurti cromato alle mie spalle,
mentre,una musica sale dalle plastiche,
e mai capisco ,
se mi piaccia più il cammino,nell’attesa,
o l’azzurro dell’arrivo.
c’è un cane ,bocca aperta,sotto al sole,
sente i miei passi ed il mio odore,
io passo e non si volta,
una portiera che sbatte
finge l’onda che sferraglia sullo scoglio,
il faro fa l’occhiolino al tempo,
e io mi distendo avanti al mare
come un foglio bianco, sulla scrivania di legno
là, dove ero sempre stato.